Adriaeco 46

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Poste Italiane s.p.a - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 N. 46) art.1 comma 1 - Commerciale Business Ancona n. 45/2008. Euro 6,00

Sarà nella Blue Economy il futuro del nostro Paese?

Nuovi travel – planner multimodali per l’aeroporto di Zara

Il progetto CHARGE e le nuove sfide per le Autostrade del Mare

Varate 2 nuove unità Pelikan, Ancona capitale della tutela del mare

Da Ancona Federagenti sfida la burocrazia

Vino: formazione e informazione sulle norme che regolano il settore



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Adriaeco - Adriatic Economy Observer

Adriaeco Adriatic Economy Observer · n. 46 Anno XII · Novembre 2019 Registrazione Tribunale di Ancona n°26/07 del Registro Periodici del 22 dicembre 2007 Iscrizione al ROC · numero 16575 Direttore responsabile Gabriele Costantini direttore@adriaeco.eu Edizioni Sideline A.C. Side Line Via Flaminia 245/a 60126 Ancona AN P.I. e C.F. 02560330421 www.edizionisideline.it Redazione · Via Dogana Vecchia, 6 · 60019 Senigallia (AN) - T. 071.2362059 info@adriaeco.eu - www.adriaeco.eu Redazione Zadar · 7. Domobranske pukovnije 1 23 000 Zadar, Croatia · Tel: +385 23 311 889 Hanno collaborato: Sara Angelillo, Pierluigi Bonora, Rocco Borgognoni, Gianluca Carrabs, Marco Catino, Pietro Ceccarelli, Gabriele Costantini, Michele Costantini, Francesco Di Cesare, Ilaria Ferlito, Luigi Gagliardi, Antonio Gitto, Anthony La Salandra, Giulio Lonzi, Fabio Lo Savio, Mario Mauri, Riccardo Milani, Andrea Mosconi, Eugenio Muzio, Virginia Olivetti, Nicole Pelizzon Ufficio grafico · grafica@adriaeco.eu Ufficio commerciale · marketing@adriaeco.eu Segreteria · segreteria@adriaeco.eu Foto di copertina: Christian Cantori Stampa · Errebi grafiche Ripesi Falconara Marittima (AN) www.graficheripesi.it Poste Italiane s.p.a - spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art.1 comma 1 - Commerciale Business Ancona n. 45/2008. Distribuzione: in abbonamento postale 6 edizioni Euro 30,00. Per informazioni: 071.2362059 · info@adriaeco.eu Chiuso in redazione: 30/10/2019 “Adriaeco – Adriatic Economy Observer” non è responsabile per la qualità, provenienza o veridicità delle inserzioni. La direzione di “Adriaeco” si riserva di modificare, rifiutare o sospendere la pubblicazione dei testi o delle inserzioni a proprio insindacabile giudizio. L’editore non risponde per eventuali ritardi o perdite causate dalla non pubblicazione dell’inserzione per qualsiasi motivo. Non è neppure responsabile per eventuali errori di stampa. Gli inserzionisti dovranno rifondere all’editore ogni spesa da esso eventualmente supportata in seguito a malintesi, dichiarazioni, violazione di diritti, ecc. a causa dell’annuncio. È vietata la riproduzione totale o parziale di tutti i testi, i disegni, le foto riprodotte su questo numero della rivista. Manoscritti, disegni, foto anche se non pubblicati, non vengono restituiti. Tutti i diritti riservati.

Sarà nella Blue economy il futuro del nostro Paese? L’economia del mare è una risorsa che genera ricchezza, occupazione e innovazione secondo un modello che unisce settori e tradizioni diverse in un tessuto imprenditoriale diffuso che può e deve essere una leva straordinaria per il rilancio dell’Italia. Dietro ciascuna delle singole filiere vi sono un insieme di relazioni economiche. Dalla portualità allo shipping passando per la logistica integrata fino ad arrivare a pesca, cantieristica e, non da ultimo, turismo, ricerca e tutela ambientale. Questa è la Blue Economy, una galassia di imprese non solo localizzate lungo la costa, ma che operano in ambiti territoriali ben più vasti e che si inseriscono funzionalmente nelle filiere stesse. Una forza imprenditoriale che rappresenta un motore per la produzione economica e, se si tiene conto della sua capacità di attivazione di questo sistema sul resto dell’economia, si arriva ad un valore aggiunto prodotto dalla filiera complessivamente considerata, tra produzione diretta e indiretta, pari all’8,5% del totale dell’economia italiana. Il turismo rappresenta senza ombra di dubbio il settore muscolare dal punto di vista dei valori numerici, pesca e cantieristica quelli più facilmente riconducibili all’immaginario collettivo, shipping e logistica quelli che da sempre caratterizzano le umane vicende dalla notte dei tempi e, infine, disinquinamento e tutela del mare, quello con la più forte propensione a ricerca e innovazione. L’Italia è una penisola con una naturale vocazione marinara, ma esistono ancora margini di potenzialità offerte dal mare non ancora sfruttati. Su questo numero di Adriaeco vogliamo proporre alcuni spunti di riflessione in un’ottica di sviluppo di interventi coesi e integrati finalizzati alla crescita dell’economia del mare nel nostro Paese. Del resto, anche a livello internazionale si va sempre più affermando la consapevolezza che tutti gli aspetti del rapporto dell’uomo con il mare siano strettamente connessi e che debbano essere affrontati in modo omnicomprensivo con un occhio sempre più vigile alla sostenibilità. Gabriele Costantini


Sommario Editoriale Sarà nella Blue economy il futuro del nostro Paese?

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Progetto STEP-UP Nuovi travel – planner multimodali per l’aeroporto di Zara

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Progetto CHARGE p. 12 Il progetto CHARGE e le nuove sfide per le Autostrade del Mare Turismo, marketing e qualità per il futuro del traffico Ferry in Adriatico Ferry e Avio: scenari, concorrenza e azioni Blue Economy Varate 2 nuove unità Pelikan Firmato protocollo d’intesa fra Garbage e Università Politecnica delle Marche

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Shipping - Federagenti Da Ancona Federagenti sfida la burocrazia

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Senza il mare l’Italia non ha chance Lo shipping? Uno scenario complesso

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Sommario Infrastrutture Il supplizio cinese dei porti europei

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Italian Cruise Day 2019 Nel 2020 sarà record storico per il traffico crocieristico nei porti italiani

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Cambiamenti climatici La dura verità sul cambiamento climatico

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I Paesi che corrono più veloci verso le rinnovabili Le città più sostenibili green del mondo Wine & Food Una giornata di formazione e informazione sulle nuove norme che regolano il settore vino I cambiamenti climatici modificheranno la nostra tavola

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settembre 2019

Nuovi travel – planner multimodali per l’aeroporto di Zara

Novi intermodalni travel-planner za Zračnu luku Zadar

Il nuovo sistema di informazione per i passeggeri dello scalo zaratino sviluppato grazie al progetto STEP-UP SustaINable traNsport e-planner to upgrade the It-hr mobIlIty Interreg Italy – Croatia

Novi sustav informiranja za putnike Zračne luke Zadar, razvijen u sklopu aktivnosti projekta STEP – UP SustaINable traNsport e-planner to upgrade the It-hr mobIlIty Interreg Italy – Croatia

Il travel – planner multimodale, il nuovo sistema di informazione per i passeggeri Multimodalni travel-planner, novi sustav informiranja putnika

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Progetto Step-Up


L’aeroporto di Zadar Zračna luka Zadar

L’aeroporto di Zara migliora le sue performance agevolando gli spostamenti dei passeggeri nell’area del programma Italia – Croazia con Il progetto STEP – UP creando una piattaforma di pianificazione della movimentazione multimodale a supporto della mobilità sostenibile in questa parte dell’Unione Europea. I collegamenti di trasporto esistenti sono spesso inadeguati per rispondere alle moderne esigenze di vita e per gestire i flussi turistici soprattutto durante la stagione estiva. Con la realizzazione dei planner multimodali si avrà un accesso alle informazioni facilitato utilissimo nell’identificazione delle rotte migliori. In questo modo, lo scalo aereo di Zara con STEP – UP ha implementato il trasporto intermodale e la mobilità sostenibile dei passeggeri della regione EUSAIR con tutta una serie di azioni specifiche. Fermo restando i 4 obiettivi generali di progetto: Promuovere la mobilità multimodale dei passeggeri; Agevolare l’accesso ai servizi offerti; Unire in una visione globale aspetti turistici e trasportistici; Capitalizzare gli sforzi e i risultati ottenuti con il progetto INTERMODAL, la governance aeroportuale zaratina si è focalizzata sullo sviluppo di un sistema di travel – planner multimodale basato sulla standardizzazione ed integrazione dei dati dei servizi di trasporto dei partner di pro-

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Izradom platforme za planiranje putovanja Zračna luka Zadar je svojim putnicima olakšala pristup informacijama za planiranje kretanja na programskom području Italija – Hrvatska. Platforma je izrađena u sklopu projekta STEP-UP financiranog iz programa INTERREG Italija-Hrvatska u svrhu promicanja održive mobilnosti u ovom dijelu Europske Unije. Postojeće prometne veze su često neadekvatne da bi zadovoljile potrebe modernog načina života te da bi se na učinkovit način upravljalo protokom turista, posebice tijekom vrhunca turističke sezone, postavljeni info-panel će olakšati pristup informacijama važnim za planiranje putovanja, kako bi se na temelju istih odabrala nabolja ruta putovanja. Zračna luka Zadar sudjelovanjem na projektu STEP-UP podržava održiv intermodalni prijevoz i mobilnost putnika na području EUSAIR sa cijelim nizom posebnih aktivnosti. Projekt STEP-UP je imao četiri glavna cilja: promicanje intermodalne mobilnosti putnika; olakšavanje pristupa uslugama; ujedinjavanje globalnih aspekata turizma i prometa; iskorištav-

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L’aeroporto di Zara L’aeroporto di Zara è uno degli 8 aeroporti in Croazia ed è stato fondato nel 1969, quest’anno ricorre, infatti, il 50 anniversario della sua costituzione. In questo mezzo secolo di operato, l’Aeroporto di Zara si è sviluppato insieme all’intera regione e, nel 2019, farà registrare la cifra record di oltre 800 mila passeggeri, che ne fa lo scalo aeroportuale con l’indice di maggior crescita a livello nazionale. Lo scalo aeroportuale di Zara è un nodo logistico fondamentale nel collegamento tra la Dalmazia Settentrionale e la Lika con altre parti della Croazia e del mondo, elemento imprescindibile per il sistema aeronautico croato. Grazie all’arrivo della compagnia low cost Ryanair ad inizio 2007, sono state istituite nuove rotte e il terminal passeggeri è stato ulteriormente ampliato, il che ha consentito all’aeroporto di Zara di accogliere un numero molto maggiore di passeggeri. Dal 2008 ha anche terminal VIP, che lo rende l’aeroporto preferito per gli ospiti che visitano la Croazia con aerei privati. “La partecipazione al progetto STEP – UP è stata un’esperienza nuova ed importante sui progetti EU – ha dichiarato il direttore dell’Aeroporto di Zara Josip Klišmanič – che ci ha fornito anche tutta una serie di elementi su cui, nell’immediato futuro, andremo a sviluppare ed implementare altra progettazione. Grazie alla collaborazione con il Comune di Sebenico abbiamo implementato i servizi di trasporto passeggeri nell’aeroporto e, considerando la loro intermodalità e sostenibilità, insieme al nuovo sistema di pianificazione viaggi, ci permetterà di analizzare i nuovi dati raccolti grazie ai quali riusciremo a declinare in maniera ancor più efficace e ed efficiente tutta una serie soluzioni ad hoc per i nostri utenti con una strategia di marketing territoriale”.

Josip Klišmanič direttore dell’Aeroporto di Zara Josip Klišmanič direktor Zračne luke Zadar

Zračna luka Zadar Zračna luka Zadar jedna je od 8 zračnih luka u Hrvatskoj, a osnovana je 1969., tako da ove godine slavi 50. obljetnicu osnutka. U ovih pola stoljeća Zračna luka je rasla skupa s područjem i 2019. će zabilježiti rekordnu brojku od 800 tisuća putnika, što je čini zračnom lukom koji bilježi najviši rast u cijeloj državi. Zračna luka Zadar temeljni je logistički čvor između sjeverne Dalmacije i Like i ostalih dijelova Hrvatske i svijeta, a bitan je element hrvatskog zrakoplovnog sustava. Od dolaska niskobudžetne aviokompanije Ryanair početkom 2007, uspostavljene su nove linije, a putnički terminal je dodatno proširen, što je Zračnoj luci omogućilo primanje mnogo većeg broja putnika.

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Od 2008. ima i VIP terminal, što ga čini poželjnom Zračnom lukom za goste koji posjećuju Hrvatsku privatnim avionima. „Sudjelovanje u projektu STEP-UP bilo je novo i važno iskustvo rada na EU projektima“ - rekao je direktor Zračne luke Zadar Josip Klišmanić – „koje nam je pružilo i čitav niz elemenata prema kojima ćemo u bliskoj budućnosti primjenjivati i razvijati nove projekte. Kroz suradnju sa Gradom Šibenikom implementirali smo usluge prijevoza putnika na Zračnu luku, a s obzirom na njihovu intermodalnost i održivost, novi sustav planiranja putovanja omogućit će nam proučavanje prikupljenih podataka čime ćemo još učinkovitije i efikasnije pronalaziti cijeli niz ad hoc rješenja za naše korisnike povezujući je u jednu strategiju teritorijalnog marketinga“.

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getto e dei travel – planner locali, in altre parole, simile alla multipiattaforma sviluppata da Regione Marche che è capofila del progetto. L’accesso ad informazioni concernenti i diversi modi di trasporto in una prospettiva door – to – door (“dalla porta di casa a destinazione”) è, d’altronde, elemento essenziale al fine di ottimizzare le scelte di tutti gli utenti fornendo un quadro chiaro di tutte le modalità di trasporto disponibili e le combinazioni ad esse legate. In pratica questo significa che i passeggeri dello scalo zaratino che vogliono raggiungere le isole possono accedere alle informazioni riguardanti il viaggio sia per gli autobus che con il traghetto e scegliere tra le diverse modalità di trasporto disponibili. Informazioni di viaggio veloci, puntuali, di facile accesso e comprensione sono indubbiamente un valore aggiunto per l’aeroporto di Zara. Oltre ai planner multimodali, attraverso il progetto sono state sviluppate delle sinergie con tutti partner progettuali, cosi lo scalo zaratino ha partecipato alla raccolta dei dati regionali rilevanti per la piattaforma STEP—UP della Regione Marche, oltre ad organizzare un convegno sul tema dello sviluppo intermodale regionale, ha partecipato a molti altri incontri in cui ha fatto promozione dei trasporti intermodali. In particolare, vale la pena citare la collaborazione con il Porto del Comune di Sebenico che ha collegato la stazione degli autobus con l’aeroporto di Zara e di Spalato migliorando i flussi turistici nell’intera regione.

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anje rezultata dobivenih projektom INTERMODAL. Zračna luka Zadar usmjerila se na razvoj intermodalnog travel-plannera. Ideja je slična multi-platformi temeljenoj na standardizaciji i integraciji podataka prijevoznih usluga partnera i lokalnih travel-planner-a koju je, isto u sklopu projekta, razvijala Regija Marche koja je nositelj projekta. Pristup informacijama različitim načinima prijevoza u door-to-door („od kućnog praga do odredišta”) perspektivi neophodan je kako bi se poboljšao izbor svih korisnika, pružajući jasan okvir svih dostupnih načina prijevoza te mogućih kombinacija povezanih s njima. U praksi to znači da putnici koji sa Zračne luke žele otići na otok mogu na jednom mjestu dobiti informacije o putovanjima autobusima i trajektom te odabrati željene modalitete putovanja. Informacije o putovanju koje su precizne, pristupačne i razumljive su nesumnjivo dodatna vrijednost Zračnoj luci Zadar. Osim informacijske platforme kroz projekt je ostvarena suradnja sa svim partnerima na projektu, tako da je Zračna luka Zadar sudjelovala pri prikupljanju relevantnih podataka za regiju za STEP-UP platformu Regije Marche. Zračna luka Zadar također je organizirala konferenciju na temu intermodalnog regionalnog razvoja te je sudjelovala na mnogima, promovirajući intermodalni prijevoz. Posebno valja istaknuti suradnju sa Gradom Šibenikom, koji je projektom STEPUP povezao Šibenik sa Zračnom lukom Zadar i Zračnom lukom Split, poboljšavajući protok putnika u čitavoj regiji.

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Il progetto CHARGE e le nuove sfide per le Autostrade del Mare Un Piano di Azione Transfrontaliero per il miglioramento e la sostenibilità ambientale dei collegamenti intermodali marittimi nel bacino del Mar Adriatico CHARGE è un progetto co-finanziato nell’ambito del Programma Interreg Italia-Croazia che interessa i principali porti delle due sponde del Mar Adriatico ed in particolare per l’Italia, Venezia, Ancona e Bari, e per la Croazia, Ploče e Spalato. L’iniziativa ha contribuito, anche grazie alla capitalizzazione di alcuni progetti europei, ad identificare le possibili soluzioni per migliorare i servizi intermodali dei collegamenti marittimi esistenti tra Italia e Croazia, con l’intento di incrementare i flussi di traffico e la sostenibilità ambientale nel contesto della Macroregione Adriatico-Ionica. Il Progetto, coordinato da RAM, in qualità di società in house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è in linea con gli obiettivi che la stessa società persegue. Infatti, RAM partecipa attivamente al fianco delle istituzioni nelle attività volte a rendere il sistema infrastrutturale e di trasporto maggiormente sostenibile ed efficiente attraverso la promozione di soluzioni che contribuiscono al processo di decarbonizzazione e di greeening del settore dei trasporti. Attraverso un’approfondita analisi dei flussi ma-

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rittimi (container e Ro-Ro) realizzata nel Progetto è emerso che tra i porti italiani dell’Adriatico ed i porti croati transitano complessivamente 224.000 tonnellate merci/anno (2018) e che le direttrici principali sono quelle che insistono sul Porto di Ancona e sul Porto di Bari, dove è presente una rilevante offerta di trasporto. Inoltre dall’analisi è stato rilevato un forte trend di crescita, circa l‘8% (2014-2018) delle esportazioni/ importazioni tra l’Italia e la Croazia (al netto delle rinfuse). La crescita maggiore si osserva tra l’Italia Settentrionale e la Croazia; proprio su queste direttrici è possibile potenziare i servizi di trasporto intermodali per modificare l’attuale ripartizione modale fortemente orientata sul trasporto stradale. Il Progetto ha anche analizzato e approfondito i sistemi di incentivazione al trasporto intermodale adottati dai due Paesi coinvolti con l’intento di valutarne punti di forza e criticità. Dall’analisi è emerso che Italia e Croazia hanno sviluppato una politica di sviluppo del trasporto combinato, che si basa, per l’Italia, su schemi di

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I tavoli di lavoro tecnico del progetto CHARGE

incentivo (cfr. Ecobonus, Marebonus, Ferrobonus) e per la Croazia essenzialmente sulle esenzioni (cfr. Exemption from road driving bans). Oltre alle politiche adottate da Italia e Croazia, sono state analizzate anche quelle di Spagna, Slovenia, Regno Unito, Francia ed Austria. Dal confronto di tali politiche, sono stati individuate le condizioni necessarie per sviluppare una politica comune per il trasporto combinato. Inoltre, sulla scia di quanto già avvenuto tra Francia e Spagna e tra Slovenia e Croazia, è emersa l’opportunità di sottoscrivere un accordo bilaterale tra Italia e Croazia avente ad oggetto la promozione di politiche incentivanti al trasporto intermodale e allo sviluppo delle Autostrade del Mare. Le principali misure individuate riguardano: contributo per finanziare quota parte dei costi operativi dei servizi svolti (da definire la percentuale e l’arco temporale); incentivi per l’acquisto di tecnologie e sistemi innovativi per migliorare i sistemi di trasporto combinato (ICT); incentivi per l’acquisto di attrezzature per il trasporto combinato/intermodale (container, casse mobili, ecc…); esenzione dei pedaggi stradali. Sulla base dei risultati raggiunti è stato elaborato uno schema di Piano di Azione Transfrontaliero, denominato “Charge Cross Border Action Plan”. Il Piano identifica una serie di interventi da attuare per lo sviluppo portuale nell’Adriatico e per il rafforzamento della cooperazione tra gli stakeholders interessati: miglioramento/ottimizzazione delle infrastrutture portuali; investimenti in tecnologie ICT o adeguamento/ottimizzazione dell’esistente; miglioramento dei collegamenti strada-ferrovia, etc. Il Piano evidenzia, inoltre, l’importanza di attuare un approccio di pianificazione e di programmazione integrato per lo sviluppo delle infrastrutture, prevendendo diversi schemi di finanziamento - che utilizzano prevalentemente una logica di partenariato pubblico-privato - e strumenti finanziari in grado di far fronte agli investimenti infrastrutturali necessari.

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Infine, è importante sottolineare come la Commissione Europea negli ultimi anni ha guardato sempre con maggiore interesse alla formulazione di uno schema di incentivo europeo al trasporto combinato strada-mare, che tenga in considerazione le esperienze dell’Ecobonus e del Marebonus italiani ed i risultati di iniziative europee. È proprio per questo motivo che è necessario continuare a lavorare in modo congiunto con gli altri Paesi dell’Unione Europea, capitalizzando anche i risultati del Progetto CHARGE, con l’obiettivo di aggiornare la base normativa comune in modo da permettere a ciascun paese di incentivare lo sviluppo delle Autostrade del Mare. Ulteriori informazioni sul progetto sono presenti nella pagina dedicata, sul sito web del programma: www.italy-croatia.eu/web/charge

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Turismo, marketing e qualità per il futuro del traffico Ferry in Adriatico Emerge un nuovo “pubblico” per il settore, analisi e scenari che potranno sviluppare il mercato nel medio e lungo periodo

Da trasporto a turismo, da porto a destinazione. Sono due gli orizzonti su cui lavorare per la crescita del porto di Ancona secondo le indicazioni della ricerca “Ferry & avio: scenari, concorrenza, azioni”, realizzata da Risposte Turismo per conto dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale e presentata nell’incontro “Competitività e sostenibilità delle Autostrade del Mare nel contesto della Cooperazione macroregionale Adriatico-Ionica”, iniziativa di chiusura del progetto europeo Charge. Obiettivi Gli scopi dell’analisi, illustrati da Anthony La Salandra, direttore di Risposte Turismo, sono stati quelli di comprendere le performance del Porto di Ancona e di approfondire la possibile concorrenza del traffico via mare con quello via aria, aprendo la riflessione sull’area Adriatica e sulle opportunità di sviluppo del traffico dei traghetti. Risposte Turismo ha preso in esame i collegamenti avio e traghetti dell’area adriatica, a forte vocazione turistica, su cui si affacciano oltre 150 destinazioni, analizzando le caratteristiche di 23 porti e 13 aeroporti. Ha anche approfondito le tematiche legate ai due settori con 20 interlocutori di diverse categorie, referenti di scali portuali nazionali e internazionali interessati da traffico ferry, rappresentanti di alcune realtà aeroportuali, operatori della distribuzione, tour operator e

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agenti di viaggio, responsabili di compagnie aeree e di traghetti. L’istantanea del traffico ferry e avio Il Porto di Spalato (Croazia) è leader dell’area adriatica nel traffico passeggeri su traghetto (quasi 5 milioni di passeggeri soprattutto di carattere nazionale) con Igoumenitsa (Grecia) e Zara (Croazia) a seguire (2,8 e 2,4 milioni). Bari e Ancona sono i due porti italiani più importanti per il traffico traghetti internazionale, che sfiorano entrambi 1,2 milioni di passeggeri, con Igoumenitsa e Durazzo (Albania) a seguire. I 13 principali scali dell’Adriatico, nel 2008, registravano circa 7 milioni di passeggeri, dal 2012 hanno movimentato poco più di 5,5 milioni di persone, cifra in decremento sino al 2015 (5,1 milioni), quindi in aumento sino agli ultimi anni in cui i passeggeri movimentati sono stati quasi 6 milioni. Il picco del traffico passeggeri del 2017 si è concentrato nei mesi estivi, in particolare a luglio ed agosto. A livello di rotte, le grandi direttrici del trasporto internazionale di passeggeri (e, quindi, di mezzi e merci) via ferry Ro-Pax sono Ancona-Spalato, Bari-Durazzo e Ancona-Igoumenitsa e infine il traffico da Venezia. Sono 14 le compagnie che nel 2018 hanno operato nell’area Adriatico-Ionica, 10 delle quali dedicate al trasporto tramite traghetto; le restanti 4 hanno

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operato con aliscafi e catamarani. Le compagnie operanti nel porto di Ancona nel 2018 sono state 6 (Anek, Superfast, Minoan Lines, Jadrolinija, Snav e Adria Ferries), riconfermate per quest’anno. Fra le prime 10 compagnie aeree presenti in Italia, 6 hanno un modello di business basato sul low-cost. Sulla base della ricerca, il “volato” nell’area adriatica ha registrato un +30% passando da 1,4 a 1,9 milioni di passeggeri in soli 3 anni. Se gli aeroporti di Rimini e Ancona appartengono ad una fascia tra 300 e 400 mila passeggeri annuali, vi sono scali quali Bari, Verona, Pisa e Bologna con valori tra 3 e 8 milioni fino ad arrivare al range dei 10-22 milioni degli aeroporti di Venezia, Bergamo e Milano Malpensa (dati Enac, 2017). Se si considerano i 4 aeroporti adriatici di Corfù, Dubrovnik, Spalato e Zara, sedi di porti terminali di regolare traffico traghetti, la media di passeggeri trasportati si attesta attorno ai 2,3 milioni, con l’aeroporto di Corfù in prima posizione con 2,9 milioni di passeggeri, seguito da Spalato (2,8 milioni), Dubrovnik (2,3 milioni) e Zara, che ha movimentato, nel 2017, 589 mila passeggeri. Secondo i dati raccolti e elaborati da Risposte Turismo, negli ultimi dieci anni il traffico aereo di collegamento tra Italia e Croazia, Montenegro e Albania è aumentato progressivamente: sono stati 800 mila i passeggeri trasportati nel 2008 mentre nel 2017 sono stati gestiti 1,8 milioni di passeggeri. Aereo o traghetto? Oltre al tempo di viaggio e al prezzo del biglietto, nella scelta dell’aereo o del traghetto sono emersi, dall’analisi, elementi quali il rischio percepito, l’immagine di sé, la soddisfazione del viaggio, l’abitudine, la facilità di prenotazione, la proattività degli operatori e le esperienze e i feedback pregressi. Le variabili influiscono in modalità differenti in base agli specifici target di clientela di appartenenza. Il porto ferry del futuro Dall’analisi, emerge la necessità di definire nuovi obiettivi strategici per il futuro del comparto ferry, che possono interessare anche il porto di Ancona. Tra gli obiettivi, il presidio delle criticità operative riscontrate o potenzialmente riscontrabili dal turista, con l’ipotesi di sviluppare, in ottica di medio lungo termine, un piano di comunicazione e marketing strategico di area simile a quello oggi utilizzato nel mondo dell’avio o, quantomeno, a quello delle compagnie di navigazione che lavorano nella zona del mar Tirreno. Queste ultime, infatti, risultano essere molto più dinamiche rispetto

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a quanto avviene in Adriatico oggi. Il piano dovrebbe mirare, negli anni, a migliorare l’immagine del “viaggio in ferry”, sia nei confronti degli operatori del settore sia verso il turista. Va ribadito come l’immagine e il posizionamento nella filiera turistica e nei consumatori delle due formule di viaggio siano infatti molto diversi. Tra le raccomandazioni emerse, vi è poi quella di segmentare la domanda, puntando, come già sottolineato, ad una serie di target molto specifici verso i quali elaborare e aumentare la sofisticazione del messaggio, con comunicazioni personalizzate di proposte e prodotti ad hoc. Si ritiene poi fondamentale lavorare per garantire adeguati standard di qualità, a cominciare dal miglioramento delle infrastrutture e dei servizi disponibili. Tra questi, la sicurezza per oggetti e beni personali nei veicoli, la gestione delle code, la digitalizzazione delle procedure, l’attenzione agli animali in viaggio. Inoltre, dovrebbero essere sostenute le attività di valorizzazione che, dall’esperienza in porto, permettano una più facile scoperta del territorio. Utile allo scopo, la presenza online di tutte le informazioni interessanti per il turista attraverso uno o più racconti di viaggio da crearsi appositamente. I nuovi “pubblici” del traffico ferry La ricerca ha individuato nuovi segmenti di mercato da sviluppare per il traffico traghetti rispetto a quelli più tradizionali, legati ad una differente domanda di servizi e di stili di vita: Pet friendly - il trasporto di animali può orientare nella scelta una significativa base di domanda; Viaggio sereno - domanda di terza età, prevalentemente di provenienza tedesca; Apprendisti capitani - il turismo nautico è tra le modalità di fare vacanza che più dimostra di mantenere un proprio potenziale attrattivo e di crescere nei numeri; Affordable luxury - è la frontiera di chi desidera vivere una esperienza di vacanza a cinque stelle ma non ha il budget disponibile per poter scegliere indiscriminatamente la destinazione; Easy rider - gli appassionati delle due ruote sono tra i più evidenti esempi di chi sceglie dove andare in vacanza a partire dal mezzo con il quale vi andranno; Last minute - per l’acquisto di viaggi e vacanze in prossimità temporale con la data di partenza. Porto di Ancona: da trasporto a turismo, da porto a destinazione Sulla base di queste esigenze e delle nuove possibilità di mercato, anche il Porto di Ancona può orientarsi nel deter-

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minare un futuro di crescita basandosi sulle opportunità offerte da un cambio culturale. “Si tratta di provare a sostituire due termini con altrettante parole – si legge nella ricerca di Risposte Turismo -, un salto logico nel comparto ferry già ampiamente realizzato in quello avio, un salto, un cambio di passo, che può generare importanti innovazioni e accelerazioni incidendo sulle dinamiche e sui risultati di quel comparto. La prima sostituzione da operare è quella da trasporto

a turismo. Fino ad oggi, il traghetto è stato considerato esclusivamente una commodity, un servizio di base per soddisfare un’esigenza di trasferimento da un punto ad un altro, finendo con l’essere progettato e percepito come trasporto. Il secondo cambio da operare è quello da porto a destinazione. Lo stimolo è a pensare un nodo logistico in un’ottica ancora una volta turistica integrando sempre di più il porto con la città”.

Tavola rotonda “Il traffico passeggeri per il rilancio delle connessioni tra le sponde del mare Adriatico” “Prevedere e anticipare le trasformazioni del mercato, per cercare di investire in infrastrutture per interpretare il futuro. Queste sono le regole adottate dalle buone imprese e sono anche le regole della nostra Autorità di sistema portuale, che ha come obiettivi crescita economica ed occupazione – ha detto il presidente dell’Autorità di sistema portuale, Rodolfo Giampieri -, per questo, l’analisi puntuale proposta oggi da Risposte Turismo diventa base di riflessione per le strategie future che devono vedere il sistema portuale sempre più coeso e orientato alla crescita economica dei territori”.

L’assessore al Porto del Comune di Ancona, Ida Simonella, ha rimarcato “il valore e la centralità del ruolo delle Autostrade del mare anche per la città, oltre che per il porto”. Una centralità di un’infrastruttura che ha bisogno del collegamento per la grande viabilità, ha ricordato l’assessore, confermando l’obiettivo dell’amministrazione comunale di riprendere in mano al più presto, dopo il blocco dell’uscita ad ovest, la progettazione preliminare dell’opera.

L’assessora regionale alle Attività produttive, Manuela Bora, ha sottolineato “il ruolo fondamentale delle Autostrade del mare nel loro scopo di miglioramento delle comunicazioni con le regioni periferiche del continente europeo e nel rafforzamento delle reti fra Paesi candidati ad entrare nell’Unione europea e quelli già membri effettivi. Il tutto per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale all’interno della strategia della Macroregione Adriatico Ionica”.

Fondamentale, nell’ottica del traffico marittimo passeggeri e commerciale, il lavoro come sistema portuale, come sottolineato dal sindaco di Ortona, Leo Castiglione, che ha affermato che “da questa giornata di studio potremmo sicuramente trarre degli spunti per una strategia condivisa”. Stesso concetto rilanciato da Daniele Vimini, vicesindaco del Comune di Pesaro, che ha ricordato “la forte integrazione e complementarità del lavoro dei diversi porti dell’Autorità di sistema portuale” e dall’assessore del Comune di Pescara, Luigi Albore Mascia, che condivide l’appartenenza del porto a questo sistema “con cui saranno certamente condivise anche le legittime aspirazioni del nostro porto”.

Il contrammiraglio Enrico Moretti, comandante del porto di Ancona, ha ricordato il valore dell’accordo volontario “Ancona blue agreement”, promosso dall’Autorità di sistema portuale e dalla Capitaneria di porto di Ancona e sottoscritto dalle compagnie di navigazione, che hanno accettato l’utilizzo in sosta e durante l’uscita dal porto l’utilizzo di carburanti allo 0,1% di tenore di zolfo sia nei motori ausiliari sia in quelli principali.

Alberto Rossi, presidente Amsea-Associazione marchigiana spedizionieri e autotrasportatori, ha sottolineato come “il fattore tempo sia fondamentale per l’incremento del traffico ferry, che rappresenta per Ancona una grande opportunità, che potrà diventare ancora più strategica con il nuovo strumento urbanistico portuale”. Il segretario di Assoporti, Oliviero Giannotti, ha rilanciato la necessità di “unione per far sì che le Autostrade del mare siano una forza di tutta l’area adriatica”.

Il tavolo dei relatori

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Ferry e Avio: scenari, concorrenza e azioni Due grandi modalità di trasporto messe a confronto per tutti i passeggeri dell’area adriatica

Il Mare Adriatico, area a vocazione turistica sulla quale si affacciano oltre 150 destinazioni, è spazio ideale per muoversi per turismo o per esigenze logistiche, e vede il porto di Ancona centrale nella sua geografia con oltre un milione di passeggeri movimentati annualmente. Un traffico che si è dimostrato molto solido nelle dinamiche adriatico-ioniche anche per la posizione del capoluogo nonostante la domanda turistica abbia la possibilità di considerare varie alternative per gli spostamenti, ed è proprio su tali alternative che deve poggiare una corretta analisi strategia sul futuro del porto. Un errore di frequente compiuto, infatti, è pensare che la competizione si giochi unicamente tra realtà assimilate dalle stesse caratteristiche produttive e dalla stessa tipologia di prodotto, con la conseguenza di concentrare i propri sforzi e i propri investimenti per acquisire competitività e difenderla nei confronti di altre aziende appartenenti allo stesso settore. Viceversa, una corretta lettura dell’arena competitiva, di chi ne fa parte, di quali siano le leve da muovere e così via, parte dall’identificazione della domanda e dei suoi bisogni: attraverso queste necessità è così possibile identificare i soggetti e i competitor in gioco, a prescindere dalle caratteristiche tecniche del prodotto realizzato. Tutto ciò è applicabile a più ambiti e settori, compreso quello del trasporto: il trasferimento da un punto ad un altro, quando non possibile per tramite di mezzo proprio, può talvolta essere garantito per Progetto Charge

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tramite di soluzioni differenti (e dunque non solo tra aereo e treno ma anche tra aereo e traghetto ed altre combinazioni). A partire dalle nuove piattaforme online e dall’abitudine dei turisti a poter confrontare sempre più rapidamente soluzioni molto diverse tra loro oltre che di poter spesso facilmente finalizzare l’acquisto, le opzioni di spostamento e i relativi fornitori sono inseriti in un contesto in continua evoluzione. Tra le alternative possibili per viaggiare nell’area adriatica ne spiccano due, quella via aria e mare, che registrano entrambi cambiamenti sia in termini di player che di rotte: per questa ragione la conoscenza e l’aggiornamento di quanto accade in questi due comparti appare ancor più rilevante. In questo contesto l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale ha affidato a Risposte Turismo un lavoro di ricerca volto alla comprensione delle performance del porto di Ancona per quanto riguarda il traffico ferry, in particolar modo dal punto di vista dei volumi di domanda acquisiti e gestiti, con l’obiettivo di approfondire la possibile concorrenza del traffico via mare con quello via aria, aprendo inoltre ad una nuova riflessione estendibile e di interesse per numerosi porti, non solo Adriatici, attivi nel traffico passeggeri. Dall’analisi della geografia dei collegamenti a mezzo traghetto, delle rotte attivate, delle compagnie impegnate in questo settore ed attraverso l’approfondimento degli scali adriatici coinvol-

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ti da questo traffico, lo studio ha fatto emergere ciò che è accaduto, sta accadendo e potrebbe accadere anche nel comparto aereo attraverso una verifica delle strategie e proposte attivate dalle diverse realtà che si muovono in questo settore. L’analisi desk dei 2 settori, che ha coinvolto 23 porti e 13 aeroporti, è stata accompagnata da una fase field che ha previsto l’ascolto ed il dialogo con circa 20 interlocutori appartenenti a diverse categorie, tra cui referenti di scali portuali nazionali e internazionali interessati da traffico ferry, rappresentanti di alcune realtà aeroportuali, operatori della distribuzione – tour operator e agenti di viaggio – responsabili di compagnie aeree e di traghetti. Ad un’istantanea aggiornata sui collegamenti ferry in Adriatico nazionali ed internazionali, delle compagnie e dei porti coinvolti, è seguito uno studio analogo nel settore aereo. Tra le variabili ad influire maggiormente sulla scelta di uno o dell’altro mezzo, come è lecito immaginarsi, vi sono il tempo ed il prezzo; tuttavia sono emersi numerosi altri dettagli e spunti utili alla comprensione più approfondita del fenomeno. Il porto di Spalato è leader dell’area (quasi 5 milioni di passeggeri sia nazionali che internazionali nel 2018) con Igoumenitsa e Zara a seguire (2,8 e 2,4 milioni). Tra i porti Italiani Bari è in 5° posizione con 1,2 milioni di passeggeri; subito dopo si posiziona Ancona, superando la soglia del milione. Rileggendo però la classifica per il solo traffico internazionale sono i due porti italiani di Bari ed Ancona con Igoumenitsa e Durres a seguire. Spostando l’attenzione su un orizzonte di 10 anni e focalizzandosi sul traffico ferry internazionale nell’area, esso ha registrato una sostanziale stabilità tra 2008 e 2011 seguita da un netto calo tra 2011 e 2012. I principali scali dell’Adriatico (13), che nel 2008 registravano circa 7 milioni di passeggeri, dal 2012 hanno movimentato poco più di 5,5 milioni di persone, cifra in decremento sino al 2015 (5,1 milioni), quindi in aumento sino agli ultimi anni in cui i passeggeri movimentati sono stati quasi 6 milioni. Tutte le nazioni affacciate sull’Adriatico, ad eccezione dell’Albania, hanno registrato, nel 2017, valori di traffico inferiori rispetto a quelli del 2008. Considerando i dati forniti da 18 porti dell’area adriatico-ionica è emerso che, come prevedibile, il picco del traffico passeggeri del 2017 si sia concentrato nei mesi estivi, in particolare a luglio ed agosto. A livello di rotte, le grandi direttrici del trasporto internazionale di passeggeri (e, quindi, di mezzi e merci) via ferry Ro-Pax sono Ancona-Spalato, Bari-Durazzo e Ancona-Igoumenitsa ed infine il traffico da Venezia. Sono 14 le compagnie che nel 2018 hanno operato nell’area adriatico-ionica, 10 delle quali dedicate al trasporto tramite traghetto; le restanti 4 hanno operato con aliscafi e catamarani. Tra i principali risultati dell’analisi del comparto aereo, dell’offerta e del suo traffico emerge come su scala globale ci siano servizi di linea regolari su

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20mila tratte, più del doppio di quanto esistente nel 1995. A favorire tale crescita è stata la deregulation del trasporto aereo, in vigore ormai da circa 30 anni e l’ingresso di nuovi vettori, così come nuovi modelli di business. Prima low cost mondiale è l’americana Southwest Airlines (4,17 milioni di posti settimanali), seguita dall’irlandese Ryanair (3,04 milioni); al terzo posto la britannica EasyJet (2,2 milioni). Considerando le prime 10 compagnie più presenti in Italia, 6 hanno un modello di business basato sul low-cost. Gli aeroporti presi in considerazione per lo studio del traffico aereo presentano dimensioni, in termini di passeggeri, molto differenti. Se Rimini ed Ancona appartengono ad una fascia tra 300 e 400 mila passeggeri annuali, vi sono scali quali Bari, Verona, Pisa e Bologna con valori tra 3 ed 8 milioni fino ad arrivare al range dei 10-22 milioni degli aeroporti di Venezia, Bergamo e Milano Malpensa (dati ENAC, 2017). Nell’area oggetto d’analisi l’aeroporto più trafficato è Roma FCO con 40,8 milioni. Se si considerano i quattro aeroporti adriatici di Corfù, Dubrovnik, Spalato e Zara, la media di passeggeri trasportati si attesta attorno ai 2,3 milioni, con l’aeroporto di Corfù in prima posizione con 2,9 milioni di passeggeri, seguito da Spalato (2,8 milioni), Dubrovnik (2,3 milioni) e Zara, che ha movimentato, nel 2017, 589 mila passeggeri. Il volato nell’area ha registrato un +30% passando da 1,4 a 1,9 milioni in soli tre anni. L’area che potrebbe essere analizzata per questo tipologia di traffico è molto estesa e comprende numerosi aeroporti; si è scelto perciò di focalizzare l’attenzione sulle rotte dirette operate nella zona dell’Adriatico. Nella sponda orientale, è Tirana a spiccare per numero di alternative di connessione, mentre dal lato occidentale è necessario spostarsi su Fiumicino per poter contare su una buona varietà di destinazioni collegate. Secondo i dati raccolti ed elaborati, negli ultimi 10 anni il traffico aereo di collegamento tra Italia e Croazia, Montenegro e Albania è aumentato progressivamente: sono stati 800 mila i passeggeri trasportati nel 2008, mentre nel 2017 sono stati gestiti 1,8 milioni di passeggeri. Il flusso più intenso è quello registrato da e verso l’Albania con quasi 1,5 milioni di unità; la Croazia ha registrato, in entrata e uscita verso l’Italia, 300mila passeggeri. Le principali compagnie aeree di linea che hanno scelto l’area dell’Adriatico come zona di traffico sono 10. L’aeroporto di Ancona ricade tra i pochi casi che, tra 2016 e 2017, hanno registrato una diminuzione di traffico. Altro elemento analizzato è stato la potenzialità di carico di traghetti ed aerei rispetto all’effettivo riempimento del mezzo di trasporto. Prendendo la Croazia come paese di destinazione si sono calcolati i tassi di riempimento medio di alcune rotte aeree in partenza da Roma nel 2017 (verso Zara, Zagabria, Spalato, Dubrovnik, Fiume, Bol e Osijek) e di altre rotte ferry operate dal porto di Ancona verso Spalato e Zara.

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La mappa accanto mette a confronto, per la città di Ancona, le connessioni avio e ferry disponibili, nel primo caso solo una verso Tirana, mentre sono molteplici quelli via acqua. Il numero di passeggeri movimentati tramite aereo è superiore solo alla tratta di collegamento Ancona-Zara. Molteplici sono i fattori messi a confronto tra i 2 traffici, nonostante siano particolarmente ridotte (solo 5) le rotte dirette perfettamente sovrapponibili attive sui 2 mezzi. Tra questi, si mostrano gli andamenti stagionali, per comprendere eventuali differenze tra ferry ed avio: si potrà notare come pur in andamenti che privilegiano in entrambi i casi il periodo estivo, i volumi dell’avio si distribuiscono più armonicamente nel corso dell’anno, soprattutto nel caso di collegamenti con l’Albania. Si precisa che, se dal porto di Ancona sono attivi ben 5 operatori marittimi, l’aeroporto è invece collegato alla città di Tirana solo dalla compagnia BluePanorama.

Periodo estivo Periodo Invernale

Emerge come il load factor medio dei mezzi aerei sia decisamente maggiore rispetto a quello dei traghetti: il primo è pari al 77,3%, mentre il secondo si attesta attorno al 25%. Una differenza imputabile a diverse ragioni tra cui la stagionalità delle connessioni aeree (con gli aeromobili che vengono più facilmente spostati su altre tratte nei mesi invernali, manovra più onerosa nel settore marittimo) ed il riempimento dei traghetti infrasettimanale. Il mantenere tutte le connessioni, anche nei giorni feriali, è però necessario per la movimentazione di merci (problema che è meno sentito per gli spostamenti aerei leisure). All’analisi dei 2 settori di offerta è seguita una parte di studio della domanda e delle sue preferenze. Innanzitutto sono state prese in considerazione le diverse variabili che in genere influiscono sulla scelta di un mezzo di trasporto rispetto ad un altro. Oltre al tempo di viaggio e al prezzo del biglietto, sono emersi elementi quali il rischio percepito, l’immagine di sé, la soddisfazione del viaggio, l’abitudine, la facilità di prenotazione, la proattività degli operatori e le esperienze e i feedback pregressi. Le variabili appena menzionate influiscono in modalità differenti in base agli specifici target di clientela di appartenenza. Nella realiz-

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Traffico aereo Traffico marittimo 33,2%

66,8%

58,4%

41,6%

zazione di questo lavoro sono stati identificati alcuni gruppi che, in maniera non convenzionale, sfuggono all’approccio vincolato alle più classiche variabili di segmentazione: · Heavy luggage - viaggiatori con un bagaglio ingombrante; · Pet friendly - il trasporto di animali può orientare nella scelta una significativa base di domanda; · In cammino - turisti spinti da motivazioni religiose che si muovono in gruppo; · Easy rider - gli appassionati delle due ruote sono tra i più evidenti esempi di chi sceglie dove andare in vacanza a partire dal mezzo con il quale vi andranno; · Doppio nido - possedere una seconda casa può influenzare anche la soluzione di spostamento/trasporto; · Balkanparty - ovvero gli appassionati di festival e grandi eventi in particolar modo estivi; · Lumache - viaggi in camper o con roulotte al seguito; · Last minute - per l’acquisto di viaggi e vacanze in prossimità temporale con la data di partenza; · Family reunion - viaggiatori che tornano nella propria casa, soprattutto nei periodi di festività o ricorrenze;

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· Viaggio sereno - domanda di terza età, prevalentemente di provenienza tedesca; · Apprendisti capitani - il turismo nautico è tra le modalità di fare vacanza che più dimostra di mantenere un proprio potenziale attrattivo e di crescere nei numeri; · Affordable luxury - è la frontiera di chi desidera vivere una esperienza di vacanza a cinque stelle ma non ha il budget disponibile per poter scegliere indiscriminatamente la destinazione. Attraverso una interpretazione del gruppo di ricerca, i segmenti o mondi della domanda che potrebbero rappresentare dei riferimenti e degli obiettivi se non del tutto nuovi certamente non messi di frequente a fuoco sono indicati nei gruppi definiti “pet friendly”, “viaggio sereno”, “apprendisti capitani”, “affordable luxury”, “easy rider” e “last minute”. A partire dalle elaborazioni e riflessioni, si è arrivati a determinare una serie di obiettivi ritenuti strategici per il futuro del comparto ferry focalizzandosi sul caso specifico del porto di Ancona. Tra gli obiettivi emerge il presidio delle criticità operative riscontrate o potenzialmente riscontrabili dal turista. A questo segue, in ottica di medio lungo termine, l’ipotesi di sviluppare un piano di comunicazione e marketing strategico di area simile a quello oggi utilizzato nel mondo dell’avio o, quantomeno, a quello delle compagnie di navigazione che lavorano nella zona del Mar Tirreno. Queste ultime sono infatti emerse come molto più dinamiche rispetto a quanto avvenga in Adriatico oggi. Il piano dovrebbe mirare, negli anni, a migliorare l’immagine del “viaggio in ferry”, sia nei confronti del B2B che verso il turista. Va ribadito come l’immagine e il posizionamento nella filiera turistica e nei consumatori delle due formule di viaggio

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siano infatti molto diversi. Tra le raccomandazioni inoltre vi è quella di segmentare la domanda, puntando, come già sottolineato, ad una serie di target molto specifici verso i quali elaborare e aumentare la sofisticazione del messaggio. Si tratta di impostare comunicazioni personalizzate con proposte e prodotti ad-hoc. Si ritiene fondamentale lavorare per garantire adeguati standard di qualità, a cominciare dal miglioramento delle infrastrutture e dei servizi disponibili. Tra questi, la sicurezza per oggetti e beni personali nei veicoli, la gestione delle code, la digitalizzazione delle procedure, l’attenzione agli animali in viaggio. Inoltre, dovrebbero essere sostenute le attività di valorizzazione che, dall’esperienza in porto, permettano una più facile scoperta del territorio. Utile allo scopo, la presenza online di tutte le informazioni interessanti per il turista, attraverso uno o più racconti di viaggio da crearsi appositamente. La parte finale dell’analisi si focalizza sul come operare per contribuire a determinare un futuro di crescita o quantomeno di difesa del comparto ferry ad Ancona e dunque sulla opportunità, se non necessità, di provare a determinare un piccolo, ma significativo, cambio culturale. Si tratta di provare a sostituire, quando inseriti in determinati ragionamenti, due termini con altrettante parole. Un salto logico nel comparto ferry già ampiamente realizzato in quello avio, un salto, un cambio di passo, che può generare importanti innovazioni ed accelerazioni incidendo sulle dinamiche e sui risultati di quel comparto. La prima sostituzione da operare è quella da trasporto a turismo. Fino ad oggi il traghetto è stato considerato esclusivamente una commodity, un servizio di base per soddisfare una esigenza di trasferimento da un punto ad un altro, finendo con l’essere progettato e percepito come trasporto. Il secondo cambio da operare è quello da porto a destinazione. Lo stimolo è a pensare un nodo logistico in un’ottica ancora una volta turistica, abbattendo le barriere (fisiche e cognitive) tra porto e città/territorio. Pur guidati da organismi preposti e rappresentanti investiti da compiti e responsabilità, e dunque pur mantenendo una governance disgiunta, il porto dovrebbe interpretare il proprio ruolo allargando i confini fino a farli coincidere con quelli della destinazione in cui si inserisce. In questo modo i clienti da servire, gli standard da garantire, le esperienze da rendere possibile, le opportunità da proporre e le modalità tramite le quali promuoversi potranno arricchirsi, e questo a beneficio dei fruitori, delle aziende di gestione, del territorio tutto. Anthony La Salandra

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Varate 2 nuove unità Pelikan Così come anticipato nel precedente numero della nostra rivista sono state varate ad Ancona giovedì 8 agosto alle ore 11.00 presso lo scalo di alaggio al Mandracchio del Porto di Ancona le 2 nuove unità gemelle della classe Pelikan che sono state poi consegnate al Governo Thailandese. I 2 battelli ecologici prodotti dalla sinergia fra il cantiere anconetano C.P.N. leader nella costruzione di yacht e barche da lavoro e la società di servizi antinquinamento Garbage Service azienda specializzata nel settore dei servizi ecologici portuali dell’antinquinamento marino negli specchi acquei chiusi vanno ad aggiungersi alle 3 imbarcazioni oggi operanti nei porti di Ancona e Genova. L’evento anconetano ha visto la partecipazione e la presenza del rappresentante dell’armatore thailandese, delle istituzioni e del cluster marittimo regionale e nazionale. “Oggi, alla presenza degli armatori thailandesi, delle istituzioni e del cluster marittimo anconetano e nazionale c’è stata una grande festa del mare, ma soprattutto per il mare – ha dichiarato il CEO di Garbage Paolo Baldoni – una visione che giorno dopo giorno prende corpo, quella di dare una risposta tangibile ai problemi che la plastica arreca alla vita nelle acque e sulle coste. Non c’è più tempo e ci sono delle urgenze non più rimandabili, salvare il mare è una priorità assoluta ed è tutt’altro che uno slogan. Da oggi il progetto al 100% italiano che nasce ad Ancona diverrà definiti- Paolo Baldoni vamente internazionale e lo sviluppo dello stesso prevede tutta una serie di attività formative ed informative che, CEO nel prossimo futuro, saranno fautrici di un nuovo modello di sviluppo economico del nostro territorio e di inedite Garbage Group professioni, il tutto all’insegna della Blue Economy. Sono tantissime le iniziative messe in agenda ed in fase di progettazione e che diventeranno operative nei prossimi mesi, grazie alla sinergia fra le nostre aziende, l’Università, Legambiente, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale e le istituzioni della città e della regione, per fare in modo che Ancona e le Marche siano leader nel mondo nel settore di innovazione e ricerca al fine di produrre soluzioni reali e tangibili al fenomeno dell’inquinamento in mare”.

Le dichiarazioni degli intervenuti all’evento Contrammiraglio Enrico Moretti “È un piacere salutare questo varo che evidenzia la capacità dell’industria anconetana come C.P.N. e di Garbage che, insieme, hanno affrontato il problema dell’inquinamento in mare in maniera razionale e tangibile, senza dimenticare i tanti enti e istituzioni che in questa regione si adoperano a portare utili contributi alla soluzione dei problemi ambientali”.

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Pierpaolo Sediari Vice Sindaco di Ancona “I battelli che oggi baciano le acque del mare sono un lavoro straordinario figlio delle iniziative di queste due importanti realtà economiche cittadine. Una soluzione “sartoriale” è stata oggi definita e questo aggettivo lo trovo perfetto per identificare il successo di questa iniziativa che rende fiera Ancona e l’Italia intera”.

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Blue Economy


L’appuntamento al Porto di Ancona alla presenza di un delegato dell’armatore thailandese, delle istituzioni e del cluster marittimo anconetano e nazionale. Ancona e le Marche leader al mondo nelle politiche di innovazione e ricerca per il disinquinamento marino

Manuela Bora Assessora Regione Marche “Emerge dalla giornata di oggi la capacità di innovazione tecnologica di imprese marchigiane in linea con la politica ambientale della Regione Marche, basata su fatti concreti in difesa dell’ambiente e dell’economia circolare e che, dopo la legge sulle plastiche in mare, la legge sulla tariffa puntuale della raccolta differenziata, la battaglia contro l’inceneritore, si è arricchita di un nuovo fatto concreto: l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio regionale della legge sulla riduzione dei rifiuti derivati dalle plastiche”. Rodolfo Giampieri Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale “Quella di oggi è una bella giornata che mette in luce come tecnologia e ricerca volte alla sostenibilità possano insieme migliorare la qualità della vita di noi tutti e, soprattutto, delle generazioni future. Una linea che come AdSP sosteniamo da tempo e che ci vede impegnati su tutta una serie di progetti che possano rendere sempre più sostenibile lo sviluppo di questa infrastruttura”. Andrea Morandi Presidente Federagenti Marche – Abruzzo “Sono orgoglioso come anconetano di essere oggi qui presente ad un’azione di sostanza alla lotta delle plastiche e Blue Economy

dell’inquinamento in mare che è tutto tranne che una mera azione di marketing”. Sauro Longhi Rettore Università di Ancona “Ambiente e cambiamenti climatici sono la più grande sfida del prossimo futuro. Con Garbage e CPN si svilupperanno tutta una serie di progetti volti a combattere il fenomeno dell’inquinamento, anche attraverso percorsi formativi ed educativi perché la cultura è elemento essenziale nella risoluzione di questo problema”. Francesca Pulcini Presidente Regionale Marche Legambiente “La nostra missione sarà quella sempre più di sviluppare una coscienza ambientale fra tutti i cittadini e presto inizieranno delle collaborazioni con Garbage e C.P.N. proprio in tal senso prevedendo il coinvolgimento anche del mondo della scuola”. Andrea Pettinari C.P.N. “L’“ECO THAI” è un’imbarcazione efficace per la raccolta di rifiuti solidi galleggianti e di contenuti sversamenti di idrocarburi dalla superficie dell’acqua. La barca è stata progettata per essere equipaggiata, con ulteriori attrezzature o impianti attinenti e incrementanti il servizio ecologico per cui questo battello è stato concepito. L’“ECO THAI”, a richiesta,

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può essere dotato di attrezzatura per l’ossigenazione delle acque, per compiere servizio antincendio e può essere equipaggiato per il monitoraggio e l’analisi dei fattori inquinanti; il tetto cabina è predisposto per contenere un impianto fotovoltaico e le clampe prodiere potrebbero raggiungere un’apertura del cono superficiale di aspirazione, di 12,3 metri. L’“ECO THAI” opererà con tre uomini d’equipaggio (1 Comandante 2 marinai) è omologato per la navigazione entro le sei miglia dalla costa con condizione di mare calmo. Lo scafo è dotato di un’eccezionale capacità di manovra, infatti, dosando in contemporanea la potenza del propulsore, l’angolatura dei timoni e l’invertitore di flusso, lo scafo può ruotare su se stesso”. Sivakorn Watprangairat sales manager A&Marine (THAI) “La Thailandia si sta impegnando molto nella pulizia degli specchi acquei di mari e fiumi. Abbiamo scelto C.P.N. e Garbage per qualità ed efficienza vere e proprie eccellenze del sistema imprenditoriale italiano. I Pelikan opereranno presso il dipartimento della marina costiera e ricerca del Governo Thailandese e, nello specifico, nel Mare delle Andamane, nel fiume Chaophraya e in tutto il Golfo rimanendo a disposizione della nazione per ogni tipo di eventualità”. Pagine a cura di Gabriele Costantini

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SCHEDA TECNICA

Come funziona il Pelikan I rifiuti solidi aspirati intercettati dal Tapis-Roulant all’interno della barca, finiranno, per caduta, all’interno dell’apposito cestone di stoccaggio posto al centro dell’imbarcazione. Il cestone è predisposto per un rapido svuotamento dopo che sarà stato agganciato, in banchina o da chiatta di supporto, sollevato e spostato dall’imbarcazione per un rapido svuotamento, a sgancio, grazie al fondo apribile. Servizio contenimento chiazze oleose superficiali L’imbarcazione è predisposta per essere dotata, a poppa, di un maxi-rullo raccoglitore, a comando idraulico, per la posa in mare di 142 mt. di panne galleggianti per contenimento e imprigionamento chiazze oleose. Raccolta e rimozione di solidi galleggianti e liquami Parte della prua dell’imbarcazione è costituita da due clampe apribili con comando idraulico azionato dalla cabina mediante due leve. Operando con le clampe prodiere aperte e a una velocità ridotta, il battello, sfruttando il flusso di aspirazione dell’elica, raccoglierà a prora il materiale inquinante che sarà convogliato in contenitore di stoccaggio: il materiale solido sarà raccolto da un Tapis Roulant a comando idraulico. I liquami oleosi saranno raccolti con un sistema aspirante di superficie a posizio-

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namento manuale munito di relativa cassa di separazione acqua/olio di Lt. 520. Il flusso aspirante di superficie è generato dal sistema elica/ tunnel che chiudono, con un comando idraulico, i portelli laterali sottochiglia, ricavati sul tunnel stesso; detti portelli dovranno essere riaperti durante la navigazione per consentire il necessario flusso d’acqua all’elica. I rifiuti oleosi galleggianti saranno aspirati dalla superficie della ‘vasca’ (interno scafo) tramite un tubo-flex munito di bocchettone filtrante a movimentazione manuale operando, per il posizionamento, da un grigliato a poppa del cestone. L’aspirazione è comandata da un’apposita pompa-vuoto che sposta il liquido aspirato all’interno di una cassa di recupero che provvederà alla separazione dell’acqua, che a mano a mano sarà scaricata per lasciare spazio al liquame oleoso. Quando la cassa di recupero sarà piena, si dovrà provvedere allo svuotamento in banchina o a mezzo galleggiante ausiliario, collegando un tubo-flex all’apposito bocchettone standard di scarico. Servizio dispersione piccole chiazze di film/liquami oleosi Per piccole chiazze di film/ liquami oleosi, lo scafo è munito di bracci porta-ugelli per spruzzare un particolare liquido disperdente prelevato da apposito tank da Lt.100.

Le prove tecniche del nuovo Pelikan ad Ancona, prima di essere consegnato al Governo Thailandese

Dimensioni: – Lunghezza f.t. mt. 13.352 – Larghezza f.t. mt. 3.620 – Altezza di costr. mt. 2141 – Altezza per trasporto mt. 3.379 con semicabina smontata – Altezza totale (no antenna) mt. 5.365 – Immersione mt. 1.23÷1.33 – Bordo Libero mt. 0.638 – Peso scafo (struttura) ton. 13.7 – Dislocamento a vuoto ton. 15.35 – Dislocamento in esercizio ton. 16.4 – Dislocamento Max ton. 17.8 – Velocità max nodi 8 – Motore Volvo Penta: 2800rpm -180Hp -volt 12 – Elica ø 620 /4 pale (blades) – Apertura cono anteriore di aspirazione superficiale mt. 6,53 (versione standard) – Ancora di emergenza parcheggiata e fissata a prora sx. sulla ringhiera. – Cabina di Mq.3, – Coibentata, insonorizzata, climatizzata, munita di impianto stereo e di centralina barometrica. Cesto rifiuti solidi Capacità: 3,5 metri cubi.

Il Pelikan, consegnato, lavora nelle acque della Thailandia

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Blue Economy


Firmato protocollo d’intesa fra Garbage e Università Politecnica delle Marche Ancona e le Marche leader al mondo nelle politiche di innovazione e ricerca per il disinquinamento marino. Il Porto di Ancona può essere uno scalo green al fine di diventare un polo tecnico scientifico applicato per tutte le attività rivolte alla difesa del mare

Paolo Baldoni, CEO Garbage Group e Sauro Longhi, Rettore Università Politecnica delle Marche

Firmato il protocollo d’intesa fra Garbage e Università Politecnica delle Marche davanti ad un folto pubblico presso la banchina 1 del Porto di Ancona all’interno dell’iniziativa “Moby Litter: disinquinare e proteggere il mare” nata dalla collaborazione fra Garbage Group, azienda leader nel campo dei servizi ecologici portuali, attività di antinquinamento, disinquinamento e pulizia degli specchi acquei e l’Università Politecnica delle Marche, da sempre impegnata nello studio dell’impatto dei contaminanti tradizionali ed emergenti in mare. Un accordo che ratifica una collaborazione, ormai decennale, fra Garbage Group e il mondo della ricerca. “Sono almeno 10 anni che la nostra azienda collabora con università ed istituti di ricerca – ha dichiarato Paolo Baldoni CEO di Garbage Group – e quale giorno migliore per firmare un nuovo protocollo d’intesa con l’Università Politecnica delle Marche se non alla vigilia della notte dei ricercatori? D’altronde sperimentazione e ricerca sono da sempre al centro delle attività della Garbage che fornisce servizi ad alto valore aggiunto nel campo del disinquinamento marino.

Blue Economy

Anche sullo stesso “Sistema Pelikan” il nostro compito rimane sempre quello di trasferire il know how tecnico scientifico all’armatore, mentre al CPN oneri ed onori per quanto concerne l’aspetto ingegneristico navale. Questa nuova partnership con l’università vuole suggellare quella che sarà la nostra strategia nel breve e medio periodo fatta di innovazione nel settore disinquinamento così che il Porto di Ancona possa diventare uno scalo green, all’avanguardia nell’applicazione delle nuove tecnologie eco compatibili, leader nel bacino del Mediterraneo. L’obiettivo è di raggiungere nel minor tempo possibile tecnologie fruibili atte alla salvaguardia del mare poiché, oggi come non mai, il tempo è un’esternalità negativa che può condizionare seriamente il prosieguo della vita in determinati ecosistemi. A testimonianza della sinergia tra ricerca e attività imprenditoriali, CPN sta realizzando uno scheletro di balena nominato Moby Litter che sarà, nei prossimi mesi, posto a Monte Dago davanti all’edificio di Scienze e sarà gradualmente riempito di plastiche”.

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Da Ancona Federagenti sfida la burocrazia Il decalogo stilato dagli agenti marittimi durante la loro 70 esima edizione dell’Assemblea Generale Si è tenuta ad Ancona la 70 esima edizione dell’Assemblea Generale di Federagenti dove è stata lanciata una denuncia consueta: la burocrazia uccide l’economia italiana e mina le prospettive di ripresa del sistema Paese. Nei fatti, il segnale scaturito dall’assemblea della Federazione nazionale degli agenti marittimi, ad Ancona, ha caratteristiche del tutto originali; perché nasce da un settore, quello dei traffici marittimi, che agisce sulla linea del fronte dell’interscambio mondiale e che è in grado di cogliere prima di altri potenzialità, ma anche rischi reali, che scaturiranno non fra anni, ma fra mesi, e forse settimane, dalla nuova geografia dei traffici; dall’altro perché il j’accuse lanciato dall’assemblea di Federagenti non si è tradotto nelle consuete lamentele, ma in un documento operativo concreto, denominato il “decalogo dello sblocca - mare”, che assomiglia a un vero e proprio guanto di sfida alla politica. Con alle spalle una sintetica relazione del Presidente Gian Enzo Duci, che ha evidenziato come il sistema economico italiano debba rispondere a 160.000 leggi (alcune vecchie di oltre un secolo ma sempre vigenti), mentre per la Gran Bretagna il corpus juris è strutturato in 3mila leggi, che sono 5.500 in Germania e 7mila in Francia, Federagenti ha sotto-

Da sinistra Gian Enzo Duci Presidente Federagenti e i giornalisti Luca Telese e Gian Antonio Stella

Marco Paifelman Segretario Generale Federagenti Andrea Morandi Presidente degli Agenti Raccomandatari Marittimi e Mediatori Marittimi di Marche e Abruzzo

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lineato come ad esempio la Via della seta, grande opportunità potenziale per riportare a sud, verso il Mediterraneo, l’asse dei traffici marittimi fra l’Asia (grande player dell’interscambio mondiale) possa trasformarsi, in assenza di un’azione di emergenza contro il blocco da burocrazia, in un clamoroso e definitivo flop, per i porti, lo shipping, la logistica e l’intero sistema Italia. Come evitarlo? Come uscirne fuori? Federagenti non lancia una proposta. Mette a nudo i fattori di debolezza di un paese nel quale (nella migliore delle ipotesi) un semplice intervento in porto richiede un iter di sette anni, e indica soluzioni precise in un decalogo che sarà inviato ai vertici delle Istituzioni del Paese, alle quali si richiede risposte pratiche e non slogan. Il primo punto del decalogo prevede la nomina di un sottosegretario presso la Presidenza del Con-

siglio che accorpi tutte le competenze relative al mare, ovvero a quello Spazio marittimo che potrebbe rappresentare più del 10% del Pil Paese. Secondo Federagenti è anche necessario individuare un numero limitato di strutture di logistica e di trasporto, in primis i porti, e liberarle dalle catene della burocrazia, gestendole come emergenze al pari di quanto applicato con il Decreto Genova. Ma il decalogo entra nel dettaglio operativo di una burocrazia che deve diventare un servizio e non un onere, ad esempio passando al Ministero dei Trasporti la competenza dell’Agenzia nazionale delle Dogane, costruendo un tavolo unico e agile di programmazione delle emergenze infrastrutturali, abbattendo i tempi burocratici per concessioni, per i dragaggi portuali, ma superando anche quel conflitto d’interesse che tiene fuori Sindaci e Regioni dalle cabine di regia dei porti.

Il DECALOGO DELLO SBLOCCA MARE 1. Nominare un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Pianificazione dello Spazio Marittimo (scadenza 2020!) e potere di coordinamento sui dipartimenti dei vari Ministeri aventi competenze in materia (vedi Francia). 2. Identificare un numero limitato di porti (3), aeroporti (1) ed interporti (4/5) da disciplinare in via speciale ai fini dell’internazionalizzazione della logistica italiana. 3. Attribuire temporaneamente ad una short list di infrastrutture prioritarie per la competitività del sistema Paese le regole del “Decreto Genova”. 4. Emanazione del Regolamento Concessioni portuali (e omologazione delle concessioni su base nazionale). 5. Creazione di un centro unico presso il MIT per Progetta-

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zione opere e gare d’appalto per tutte le AdSP (ITALPORT come ITALFERR?). 6. Portare le AdSP fuori dall’elenco ISTAT (165/2001) quantomeno per gli aspetti laburistici. 7. Revisione legge Dragaggi. 8. Agenzia delle Dogane funzionalmente sottoposta al MIT (come la Guardia Costiera). 9. Ritorno di Sindaci e Presidenti Regione in organi di gestione dei Porti superando la logica degli “Unicorni”. 10. Creazione dell’Agenzia centrale per il Registro Internazionale Italiano. 11. Completamento/piena attuazione di quanto già previsto (RFI su ultimo miglio/Reti TEN-T/ SUDOCO).

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Senza il mare l’Italia non ha chance La valenza strategica del settore portuale deve essere in cima all’agenda politica del Paese Far valere, se non addirittura imporre, alla politica l’importanza e la valenza strategica del settore portuale. Cinque giorni di chiusura dei porti e il paese resterebbe senza benzina, dieci e le merci sparirebbero dagli scaffali dei supermercati, quindici e sarebbe il collasso totale del sistema Paese. Così Gian Enzo Duci, al termine di un’assemblea che ha spinto Federagenti anche a oltrepassare i confini del settore marittimo cercando sul tema della spirale negativa, causata da una politica inadeguata e da una burocrazia dominante, anche il confronto con due opinionisti come Luca Telese e Giannantonio Stella, ha concluso l’assemblea pubblica svoltasi ad Ancona. Duci ha chiamato a confronto anche alcuni componenti di spicco del cluster marittimo. Il Comandante Generale Capitanerie di porto – Guardia Costiera, Giovanni Pettorino si è espresso favorevolmente all’istituzione di un soggetto (un sottosegretario ad hoc?) presso la Presidenza del Consiglio nel quale polarizzare le competenze sul mare e sullo spazio marittimo. Stefano Messina, Presidente di AssArmatori, ha rimarcato che a livello di organismi di guida dell’Unione europea la situazione sia ancora peggiore rispetto a quella italiana, con problematiche del settore mare drasticamente sottovalutate; ha inoltre invitato a valutare un ruolo più importante in questo settore della Cassa Depositi e Prestiti. Per Mario Mattioli, Presidente di Confitarma, il cluster marittimo è debole perché continua a essere diviso e incapace di presentare strategie e proposte unitarie. Infine per Mauro Coletta, dirigente della Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture e il trasporto marittimo, il tema delle deleghe e delle responsabilità è un problema da affrontare a fondo. Gabriele Costantini

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Lo shipping? Uno scenario complesso Gian Enzo Duci: “Burocrazia e immobilismo politico sono due gravi criticità. Viviamo un mercato in rapida evoluzione, ma le nostre imprese hanno una grande capacità di reazione”

A chiusura di questo approfondimento dedicato della 70 esima edizione dell’Assemblea Generale di Federagenti che si è tenuta ad Ancona, proponiamo di seguito un’intervista al Presidente di Gian Enzo Duci nella quale portiamo sintesi degli argomenti caldi inerenti al settore. Presidente Duci, a Governo da poco insediato, quali sono i desiderata che il comparto da voi rappresentato richiede a questo nuovo esecutivo? “Come tutti gli imprenditori il primo obiettivo sarebbe quello di ottenere affidabilità e continuità nelle scelte e nelle decisioni. Il comparto che rappresentiamo ne ha bisogno per quanto riguarda le infrastrutture, le infrastrutture portuali e la governance dei porti. Quasi inutile sottolineare che ormai il peso della burocrazia è insostenibile e che per i porti una riforma incompiuta significa stallo totale di tutte le scelte”. Quali sono a suo avviso, le criticità del settore? “Le criticità sono dettate da un mercato internazionale che impone anche alla categoria degli agenti marittimi una capacità di reazione, trasformazione e adattamento della professione ai cambiamenti in atto, che non ha precedenti per magnitudo e velocità”.

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Quali le azioni per superarle? “Gli agenti marittimi sono, credo, in assoluto, la categoria professionale nel cluster trasportistico che più ha cambiato e diversificato. Purtroppo la nostra capacità di incidere sulle scelte e sulle decisioni a livello politico sono davvero scarse”. Quale è lo scenario nel breve periodo del settore? “Uno scenario complesso caratterizzato da grandi concentrazioni, ma anche dalla presenza di sistemi-Stato alla ricerca di posizionamento sulle grandi rotte dell’interscambio mondiale. Rotte che saranno sempre più condizionate da fattori esterni, come una recessione mondiale che inizia a fare avvertire il suo peso, criticità geo-politiche e dazi”. Shipping e sostenibilità. Quali sono le azioni a breve per poter rendere il più sostenibile possibile questo settore? “Come è noto, a gennaio scatteranno le prescrizioni IMO finalizzate a ridurre le emissioni delle navi. Ma già oggi la nave rappresenta una delle modalità di trasporto meno inquinanti. Nel dibattito spesso esasperato sull’ambiente si è perso ad esempio di vista l’eccezionale risultato conseguito dalle cosiddette autostrade del mare: migliaia di veicoli tolti dalle strade con un effetto clamorosamente positivo”. Gabriele Costantini www.federagenti.it

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Il supplizio cinese dei porti europei La famosa “Nuova Via della Seta” verso Pechino, mira a controllare molti porti europei Con pratiche a volte dubbiose e ripercussioni locali spesso deludenti. 2 miliardi di euro è la somma investita dai cinesi in 12 anni nel porto del Pireo

Si chiama ‘One Belt, One Road’, abbreviato nell’acronimo ‘Obor’ o ‘Bri’ il progetto cinese di una Via della Seta in chiave contemporanea destinata a collegare l’Asia all’Europa e all’Africa, ma soprattutto a mettere la Cina moderna al centro dei traffici e a ridisegnare di conseguenza gli equilibri economici e geopolitici mondiali. Ma quali sono le ripercussioni sui porti europei? Ecco un’immersione nelle acque cinesi, da Trieste al Pireo. Nel suo ufficio con vista sul porto di Trieste, Zeno D’Agostino precisa “No, i cinesi non hanno tirato fuori il libretto degli assegni. No, l’accordo quadro firmato dal governo con la Cina non è il preludio di un’acquisizione della regione da parte di Pechino. No, il nuovo terminal non è invaso dal denaro cinese”. Il presidente dell’autorità portuale della città, che supervisiona una strategia di rilancio, conclude “In questo momento, tutti ci parlano della Cina...”. Dalla visita in Italia dello scorso marzo del presidente cinese Xi Jinping, i media di tutto il mondo stanno prestando molta attenzione al porto di Trieste. Posizionata sulla punta settentrionale

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dell’Adriatico, Trieste è stata identificata come uno degli assi più promettenti del riavvicinamento tra Roma e Pechino. A Trieste, le società cinesi forse non hanno tirato fuori il libretto degli assegni, ma c’è già effervescenza nell’aria. Sulla carta si leggono di investimenti in collegamenti ferroviari, di condivisione di competenze su una piattaforma intermodale in Slovacchia e di sviluppare in Cina un centro logistico gestito dal porto italiano. Comunque il sentimento è che i Cinesi investiranno. Una strategia determinata ma discreta Se il nuovo terminal portuario sta avanzando a grandi passi potrebbe non solo dipendere dal “vento d’oriente”, ma anche dalla nuova dinamica data dalla crescita dell’Europa centrale. Secondo alcune stime, il traffico di container dovrebbe raddoppiare nell’Adriatico nei prossimi 10/15 anni. Se fino a dieci anni fa, la Cina era un paese in via di sviluppo, oggi è l’Italia e l’Europa che potrebbe avrebbe qualcosa da apprendere in materia di logistica. Al di là dell’accordo politico fra l’Italia e la Cina, l’Europa sembra essere un vero bersaglio

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Il Porto del Pireo

per la determinazione di Pechino in materia marittima. Da quando il gigante cinese Cosco (China Ocean Shipping Group Company) si è gettato sul Pireo in Grecia, circa un 10% delle capacità europee dei terminal container sono nelle mani dei cinesi (Secondo i calcoli di Olaf Merk al Forum internationale dei trasporti de l’OCDE, la parte di mercato potrebbe arrivare al 50% nei prossimi 5 anni). “Tratto caratterizzante del metodo cinese: una miscela di determinazione e opportunismo. I cinesi investono nei porti poco utilizzati e lo fanno poco alla volta, aumentando lentamente il capitale detenuto in modo da non destare sospetti”, la constatazione di Theresa Fallon, del Centro di studi per Russia, Europa e Asia (Creas). Oggi la presenza cinese è ormai ben visibile nel Mediterraneo (dal Pireo a Valencia, Marsiglia, Malta e Tessalonicco), nella costa Atlantica (Bilbao e Nantes), nella Manica (Le Havre) e nel mar del Nord (Dunkerque, Zeebruges, Anversa, Rotterdam). Una strategia metodica che ha finito per far reagire Bruxelles. Nel settembre del 2017, il presidente della Commissione Europea, Jean - Claude Junker, chiamava l’Unione Europea a dotarsi di un meccanismo di supervisione degli investimenti stranieri, sottolineando il settore portuario. Il Pireo, l’esempio lampante Basta recarsi al Pireo per prendere coscienza della metodologia cinese sull’acquisizione dei porti europei. Nessun investitore europeo ha superato

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l’offerta cinese. Per alcuni anche per colpa di Berlino che ha forzato la Grecia a privatizzare il suo porto principale. In un paese strangolato finanziariamente, l’offensiva cinese non si è accontentata solamente di investire nei terminal, ma, nel 2016, è la stessa autorità portuale che è passata in mano cinese. Per adesso una manovra riuscita, aspettando, se ce ne saranno, delle complicazioni nelle relazioni sociali e culturali, vista la smania cinese di fare “profitto a tutti i costi”. La volontà di Pechino è anche quella di governare tutta la filiera con un approvvigionamento totalmente cinese (dalle materie prime fino alla vendita). Più la Cina controlla la traiettoria del suo prodotto, più la parte di valore che si perde fra le maglie... diminuisce. Ma dall’altra parte della medaglia ci sono gli investimenti ingenti, lo sviluppo e il know how sulla logistica. “Sul piano economico – per Mathieu Ducha, direttore del programma Asia all’Institut Montaigne – investire in Europa sarebbe un modo per entrare nei consigli d’amministrazione, di avere una visione completa delle attività e di accedere alle informazioni di management”. “Bisogna investire - Zeno D’Agostino, presidente dell’autorità portuale di Trieste, ne è convinto – Gli investimenti cinesi possono essere un’opportunità... a condizione di controllare. Il vero problema non è cosa fa la Cina, ma cosa non fanno gli europei. Ci ripieghiamo in noi stessi, è tempo di avere una visione collettiva sulla Via della Seta”. RM

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Nel 2020 sarà record storico per il traffico crocieristico nei porti italiani Francesco di Cesare, Presidente Risposte Turismo

13,07 milioni i passeggeri movimentati nella previsione contenuta nel nuovo Italian Cruise Watch presentato da Risposte Turismo in occasione della nona edizione di Italian Cruise Day, il forum di riferimento per il comparto crocieristico in Italia

Un nuovo record storico per il traffico crocieristico negli scali nazionali: 13,07 milioni di passeggeri movimentati (imbarchi, sbarchi e transiti), + 6,2% sulle stime già positive di chiusura 2019. E’ questa la previsione per il 2020 della nona edizione dell’Italian Cruise Day, il forum annuale di riferimento in Italia per il comparto crocieristico ideato e organizzato da Risposte Turismo che quest’anno, nel suo tour itinerante nei porti del Bel Paese, è sbarcato a Cagliari. Ad annunciarlo Francesco di Cesare - Presidente Risposte Turismo, durante la presentazione del nuovo Italian Cruise Watch, il report di ricerca a cura di Risposte Turismo che analizza i dati di traffico, i trend di mercato e altre informazioni rilevanti per la cruise industry. Il dato è frutto della proiezione effettuata sulle previsioni di 39 porti crocieristici italiani (rappresentativi del 99% del traffico nazionale in movimento passeggeri e del 97% delle toccate nave sul totale Italia), e tiene conto di altri fattori capaci di incidere sulle stime di traffico nel medio periodo tra cui i possibili cambi nel posizionamento delle navi durante la stagione, le condizioni meteomarine e l’occupazione media attesa delle navi. Civitavecchia sempre più leader: sfiorerà i 2,7 milioni di crocieristi movimentati Nel dettaglio dei singoli porti, Civitavecchia conso-

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liderà la propria leadership in classifica con 2,69 milioni di passeggeri movimentati (+0,5% sulle stime di chiusura 2019), e per la prima volta nella sua storia con oltre un milione di turisti in imbarco o sbarco (2° homeport italiano dopo Venezia). Su Venezia pesa lo stallo decisionale Alle sue spalle si conferma Venezia con 1,52 milioni di passeggeri movimentati (-1,6% sulle stime di chiusura 2019), un dato che resta stabile negli ultimi anni in attesa di soluzione dell’annosa questione del transito delle navi in laguna. 2020 anno di record per Napoli, Genova, Livorno e non solo Al terzo posto si posizionerà Napoli che, qualora le previsioni fossero confermate (+3,7%), potrebbe registrare un nuovo record assoluto di crocieristi movimentati, grazie ad ulteriori 20 toccate ed una crescita nei transiti così come negli imbarchi/sbarchi. Ai piedi del podio, staccata di poche lunghezze, Genova, in virtù di 1,38 milioni di passeggeri movimentati previsti (+2,2%), in ulteriore leggera crescita dopo il +33,5% che si sta registrando in questa stagione e grazie a frequenti operazioni di imbarco e sbarco anche nei mesi invernali. Al quinto posto Livorno (923 mila passeggeri movimentati, +10,1%), in crescita a doppia cifra grazie ad un calendario accosti distribuito su tutto l’anno, con maggio e ottobre che conteranno il maggior nume-

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ro di toccate (57 e 60). Tra gli altri scali - stando alle comunicazioni fornite dalle società di gestione dei terminal - spiccano le positive variazioni di traffico attese a La Spezia (900 mila passeggeri movimentati, + 38,5%) e, con valori assoluti più contenuti, Trieste (217 mila passeggeri movimentati, +81,9%) e Ravenna (85 mila passeggeri movimentati, +387,3%). Per quanto riguarda la classifica delle toccate nave, secondo le previsioni di

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Risposte Turismo il 2020 vedrà Civitavecchia guidare questa classifica (827 toccate, +1,7%), al secondo posto Napoli (475, +4,2%) che supera Venezia (470, -6,4%) rispetto alla classifica stimata a fine 2019. Francesco di Cesare Presidente di Risposte Turismo - ha dichiarato: “Fino a qualche anno fa la dimensione del traffico crocieristico in Italia galleggiava attorno alla soglia degli 11 milioni di movimenti passeggeri: il trend di crescita sostenuta nel triennio 20182020 ha consentito e consentirà di raggiungere prima l’obiettivo dei 12 e poi dei 13 milioni. Traguardi importanti, resi possibili dalle scelte di itinerario delle compagnie così come dagli sforzi compiuti dalle Autorità di Sistema Portuale, dalle società di gestione dei terminal e dai molti altri operatori che completano la necessaria catena di produzione. Si tratta però, ora, di gestire al meglio questi volumi e quelli che verranno e tale gestione andrà declinata nella pianificazione di interventi e so-

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luzioni a beneficio di una condivisa e responsabile sostenibilità ambientale e sociale, di un ancor più qualificato impatto economico a livello locale, e infine di una lettura complessiva di cosa possa rappresentare per il Paese l’industria crocieristica”. I porti crocieristici italiani: caratteristiche, investimenti e prospettive Italian Cruise Watch ha inoltre analizzato anche quest’anno molti altri aspetti del comparto crocieristico. Un settore che vede l’Italia leader anche in termini occupazionali: l’incrocio delle stime disponibili (fonte CLIA) vede il nostro paese concentrare il 10,7% dei lavoratori nella crocieristica mondiale. Per quanto riguarda l’analisi della portualità crocieristica, sono state identificate 39 strutture terminalistiche dedicate alla gestione della movimentazione dei passeggeri. Ed inoltre, sempre secondo l’indagine effettuata da Risposte Turismo, i porti che hanno a disposizione il maggior numero di banchine dedicate al traffico crocieristico sono Civitavecchia e Livorno (9), seguite da Venezia (7). Sono invece Livorno e Genova i porti con il maggior numero di banchine potenzialmente dedicabili alle navi da crociera (rispettivamente 13 e 12). Con riferimento all’evoluzione del numero di terminal passeggeri dedicati alle navi da crociera, il report di Risposte Turismo evidenzia per il 2020 l’entrata in funzione di 3 nuove strutture (Taranto, Messina e Palermo) che porteranno il numero complessivo a 42.

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Per quanto riguarda invece i principali interventi in programma a supporto della crocieristica, emergono lavori in numerosi porti italiani, tra essi quelli in corso a Savona su più fronti - che porteranno lo scalo a riacquisire piena funzionalità proprio nel 2020 - dal dragaggio dei fondali alla ristrutturazione del terminal Ovest a quelli di lungo termine di Ancona e La Spezia, entrambi collegati a nuovi terminal crocieristici ed il riassetto del waterfront cittadino. Poche invece le vere novità relative ad iniziative pensate per e dedicate ai crocieristi. Con riferimento all’analisi degli itinerari e degli scali scelti dalle compagnie, a fine 2019 il porto leader per varietà di portafoglio clienti sarà Civitavecchia (in cui scalano quasi il 55% delle compagnie crocieristiche operative in Italia), davanti a Venezia (scelta dal 48,5% delle compagnie che toccano i porti italiani) e Livorno (45,5%). La compagnia che, nell’anno in corso, ha fatto scalo nel maggior numero di porti italiani (24) è stata Ponant Cruises, seguita da Marella / Thompson Cruises (23) e da Silversea (22). “Il settore delle crociere – ha dichiarato Tom Boardley, segretario generale Clia Europa - rappresenta solo il 2% di flussi turistici mondiali che crescono incredibilmente e ha pertanto enormi margini e potenzialità. Di fronte a questa crescente domanda le compagnie stanno ampliando la loro offerta, con nuovi viaggi, nuove navi e nuove destinazioni. A tale scopo collaborano a stretto contatto con www.italiancruiseday.it

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istituzioni locali e autorità portuali, il cui lavoro è fondamentale per intercettare i flussi, rispondere alle esigenze dei crocieristi e garantire la crescita del comparto”. Giovani italiani under 30 e crociere: un mercato ad alto potenziale per le compagnie L’edizione 2019 di Italian Cruise Watch ha infine indagato le caratteristiche, le preferenze e le propensioni di uno specifico segmento di domanda attuale e potenziale: i giovani italiani under 30. Dall’analisi di un campione di circa 2.700 rispondenti di età compresa tra i 18 e i 30 anni è emerso come la maggioranza abbia già realizzato una vacanza in crociera. Tra i giovani italiani che hanno già effettuato una crociera, prevalentemente in coppia o con amici, il 40% è già stato a bordo tra le due e le quattro volte e il 67% si è dichiarato molto soddisfatto dell’esperienza vissuta, percentuale che raggiunge quasi il 100% nel consigliare o nel propendere per una nuova crociera nel prossimo futuro. Le motivazioni alla base della scelta di questo prodotto sono da ricercarsi principalmente nella possibilità di visitare più luoghi in un’unica vacanza (68%) e nella curiosità e nel confronto vincente tra una crociera e altre tipologie di vacanza (rispettivamente, 26% e 24%). Per quanto riguarda destinazio-

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ni preferite, i giovani crocieristi italiani hanno scelto per lo più itinerari mediterranei - orientale o occidentale - (80%), mentre sono molti meno quelli che si sono spinti fino ai Caraibi o nei mari del Nord Europa (14%). La spesa complessiva procapite sostenuta per una vacanza in crociera si attesta intorno ai 1.500 euro. Tra gli italiani under 30 che, invece, non sono mai andati in crociera, emerge comunque una forte propensione per questa forma di vacanza (91%), spinta che finora non si è concretizzata per via di un costo ritenuto elevato (54%), per aver alla fine preferito, fino ad oggi, altre soluzioni di vacanza (29%) e dal non aver trovato offerte adatte alle loro esigenze (26%). Le destinazioni preferite per un’eventuale futura vacanza in crociera sono risultate i Caraibi (34%), i Mari del Nord Baltico (19%) e il Mediterraneo occidentale - Italia tirrenica, Spagna e Francia (16%) La monografia realizzata da Risposte Turismo evidenzia infine come, per chi non è mai stato in crociera, la variabile offerte (sconti speciali sul prezzo) rappresenti il fattore decisivo per valutare questa forma di vacanza (52%), seguita dalla possibilità di visitare luoghi difficilmente raggiungibili con altre modalità (45%) e dalla possibilità di avere maggiore tempo libero durante le escursioni (37%).

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La dura verità sul cambiamento climatico Problemi e soluzioni su un dibattito che coinvolge, con sensibilità diverse, l’intero pianeta e le agende politiche di tutti i Paesi

Le principali istituzioni che studiano gli effetti del “climate change” hanno unito le forze e lavorato insieme per redigere e pubblicare il report “United in Science”. Si tratta di un rapporto che, nero su bianco, evidenza il profondo e crescente gap che sussiste tra le promesse nazionali fatte in occasione dell’Accordo di Parigi del 2015 e le azioni che sono seguite. L’accordo tra gli stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), riguardo la riduzione di emissione di gas serra, e la finanza, a partire dall’anno 2020 è stato negoziato dai rappresentanti di 196 stati alla XXI Conferenza delle Parti dell’UNFCCC a Le Bourget, vicino Parigi, in Francia, e sottoscritto il 12 dicembre 2015. Al novembre 2018, 195 membri dell’UNFCCC hanno firmato l’accordo e 184 hanno deciso di farne parte. L’obiettivo di lungo periodo dell’Accordo di Parigi è quello di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2°C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1.5°C, poiché questo ridurrebbe sostanzialmente i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici.

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Pagine e fotoreportage a cura di Riccardo Milani

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Trionfo “verde” quasi in tutta Europa

Ma quanto siamo migliorati nella lotta al cambiamento climatico? Se nel 2015 l’accordo di Parigi si è chiuso con una serie di piani volti a contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi, l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), afferma che l’attuale impatto dell’uomo potrebbe far alzare la colonnina di mercurio di oltre 2,9- 3,4 gradi entro il 2100. La Wmo ha però affermato che è ancora possibile scongiurare questo scenario “surriscaldato”. Questo a patto di impegnarsi, tutti, in uno sforzo mirato e collettivo più efficace. L’United Nations Climate Action Summit dal 21 al 23 settembre ha impegnato la comunità internazionale a un confronto, a New York, sul tema del cambiamento climatico. In questa occasione, le principali istituzioni che studiano gli effetti del climate change hanno unito le forze e lavorato insieme per redigere e pubblicare il report “United in Science”. Si tratta di un rapporto che evidenza il profondo e crescente gap che sussiste tra le promesse nazionali fatte in occasione dell’Accordo di Parigi e le azioni che sono seguite.

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I partiti Verdi ed ecologisti europei hanno compiuto notevoli passi in avanti in quasi tutto il continente europeo nelle elezioni europee del maggio scorso: una vera e propria “onda verde”. Gli elettori europei, forse spinti da una nuova coscienza, forse, perché no, grazie ai venerdì dei giovani organizzati da Greta Thunberg, hanno votato green, un balzo in avanti in molti paesi, tranne che in Italia. Gli elettori italiani oltre confine, invece, hanno fatto convergere i propri voti nell’unica lista che ha messo al centro del suo programma le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, un voto “green” che manca in Italia nel dibattito pubblico, come manca un interlocutore capace di proporre una politica ambientale convincente e coordinata con quella industriale. In Germania, “Die Grünen” sono balzati al secondo posto con il 20% dei consensi, battendo nettamente i socialdemocratici. Sven Giegold, candidato per il Partito verde tedesco: “Il popolo tedesco, i cittadini europei hanno votato per la protezione del clima e per un’Europa basata sulla solidarietà e questo è il segnale che emerge da questo... Il segnale è che il governo tedesco, con il suo continuo tentennare sulla protezione del clima, e lo stesso blocco europeo, sono stati avvertiti dal voto alle europee”. Il partito dei Verdi in Francia ha ottenuto ottimi riscontri, superiori alle aspettative. Sono terzi, dietro l’estrema destra (Rassemblement National) di Marine Le Pen e il partito centrista (En Marche!) del presidente Emmanuel Macron, ottenendo circa il 13% dei voti. Yannick Jadot, leader EELV: “Impareremo insieme ai francesi a capire e ad amare questa Europa e lavoreremo per farla evolvere, ed è per questo che stasera ci impegniamo solennemente a istituire un comitato di sorveglianza e di iniziativa per i cittadini in Europa”. In Irlanda, impennata notevole per il partito dei Verdi, il Green Party (ottiene il 9%), in particolare a Dublino, mentre i risultati delle regioni francofona e bilingue del Belgio mostrano che “Les Ecolos” (partito ecologista belga francofono) hanno ottenuto buoni risultati ed entrano per la prima volta a Bruxelles. “Penso che il risultato delle elezioni europee abbia a che fare con persone che vogliono una visione positiva dell’UE, ma vogliono anche cambiamenti e persone che chiedono misure concrete per combattere la crisi climatica – le parole di Ska Keller, Copresidente del Gruppo dei Verdi / Alleanza Libera Europea - e questo è stato davvero un argomento molto discusso in tutta l’Unione europea. I Verdi sono stati l’unica forza credibile per le azioni sul clima, penso che questo ci abbia davvero aiutato”. Il gruppo Verde (PVE, ALE, PPEU e Volt) ha ottenuto 74 seggi al Parlamento europeo, il miglior risultato di sempre.

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I giovani sempre in prima linea I segnali preoccupanti Quello del 2015 - 2019 è stato il quinquennio più caldo mai osservato: si stima che, attualmente, la temperatura superi di 1,1 gradi quella dell’epoca pre-industriale (1850–1900). Continua lo scioglimento del ghiaccio marino e della calotta glaciale artica: dal 1979 al 2018, ogni dieci anni l’estensione della banchisa artica in estate si riduce del 12%. Il livello del mare continua a salire e l’acqua marina diventa più acida. Aumentano le concentrazioni di metano e protossido di azoto nell’atmosfera: i livelli di due tra i principali gas climalteranti quali metano (CH4) e protossido di azoto (N2O), hanno raggiunto nuovi picchi. Le emissioni di CO2 continuano ad aumentare.

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E’ iniziato venerdì lo “sciopero globale per il clima”, in vista del summit ONU di lunedì a New York. Da Melbourne a Stoccolma, da New York a Parigi passando per Giappone, Filippine e Birmania: gli attivisti, molto spesso giovanissimi, stanno scendendo in piazza e partecipano oggi a grandi manifestazioni. L’impegno è impressionante: Greta Thunberg, la sedicenne svedese diventata figura-simbolo delle iniziative contro il cambiamento climatico, assicura che sono state organizzate ben 4.638 manifestazioni in 150 Paesi del mondo. Greta ha manifestato a New York, dove le autorità hanno garantito la ‘giustificazione’ a oltre un milione di studenti che sono scesi in piazza. Da venerdì 20 al 27 settembre è stata, quindi, la “settimana per il futuro”. Manifestazioni nelle principali città del vecchio continente, da Madrid a Mosca, passando per Varsavia, Amsterdam e Berlino. In 15 mila hanno sfilato per le strade della capitale Bruxelles per chiedere alla classe dirigente, nazionale ed europea, di agire in fretta. Parola d’ordine ‘ambizione’ perché le politiche da mettere in atto siano concrete e coraggiose. Il Global Climate Strike è il terzo di una serie di iniziative globali per il clima organizzate a partire dalle scuole. Ma non solo giovani, all’iniziativa hanno aderito anche sindacati, gruppi umanitari, organizzazioni ambientaliste e alcune compagnie globali. Abbandono delle fonti di energia fossili e riduzione a zero delle emissioni di gas serra, giustizia climatica per i popoli di tutto il mondo, fiducia nella scienza. Sono le tre rivendicazioni dei ragazzi di Fridays For Future Italia, la branca italiana del movimento dei giovani per il clima di Greta Thunberg, in occasione della settimana per il clima #WeekForFuture. Al momento si sono registrate 2.350 città registrate. Ci sono innumerevoli segni che questo #GlobalClimateStrikes sarà il più grande della storia, e molto più grande di quello già incredibile del 15 marzo con 2,3 milioni manifestanti in tutto il mondo.

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A novembre, l’Unep (United Nations Environment Programme) pubblicherà la decima edizione dell’ UNEP Emissions Gap Report, nel quale vengono riportati gli ultimi studi scientifici sulle emissioni di gas serra (attuali e previste) e confrontati i livelli di emissione per poi poter offrire una traiettoria da seguire almeno compatibile con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. I risultati preliminari del rapporto del 2019 indicano che se gli NDC venissero attuati, entro il 2100 l’aumento della temperatura media globale sarebbe da 2,9° a 3,4° in più rispetto ai livelli preindustriali. Gli impatti dei cambiamenti climatici non solo stanno aumentando ma sono persino più veloci di quanto previsto dalle valutazioni climatiche di un decennio fa. A dirlo è il Future Earth and Earth League. Con l’intensificarsi del cambiamento climatico, le città sono particolarmente vulnerabili ai suoi impatti. In questo senso, le strategie di mitigazione ed espansione per la gestione adattiva del rischio stanno diventando essenziali. La rapidità dei cambiamenti climatici e l’entità dei suoi impatti rendono inadeguate le strategie isolate. Dunque l’Accordo di Parigi può essere rispettato solo intraprendendo un’azione universale immediata che includa una profonda decarbonizzazione, strategie politiche ambiziose, protezione e miglioramento dei “pozzi di assorbimento dell’anidride carbonica” (in primis oceani e foreste) e della biodiversità. Le emissioni fossili di CO2 mondiale nel 2018 hanno toccato 37,1 gigatoni (quindi 37,1 miliardi di tonnellate di anidride carbonica). L’incremento, rispetto al 1990 è del 63%. Nel 2017 i 6 maggiori produttori di CO2 (Cina, Usa, Unione Europea, India, Russia e Giappone) hanno emesso il 68% dell’anidrite carbonica fossile globale. Se invece osserviamo le emissioni di anidride carbonica pro capite (tonnellate/persona), relativamente al 2017: gli Usa sono al primo posto con 16.2 tonnellate pro capite, seconde a pari merito Cina e EU con 7, India 1,8. Le emissioni globali di CO2 del 2017 dipendono: per il 40% dal carbone, per il 35% dal petrolio, per il 20% dal gas, per il 4% dal cemento e per l’1% da altre forme di combustione. La Cina è il primo produttore di CO2. Per le 28 nazioni dell’UE le emissioni totali annue sono diminuite del 20% dal 1990. Alcune stime suggeriscono che l’UE è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi di Parigi.

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I Paesi che corrono più veloci verso le rinnovabili

Chi con il vento, chi con il sole, chi grazie all’idroelettrico, alla geotermia o alla combinazione di più fonti, molti Paesi fanno a gara per diventare sempre più rinnovabili, dando il buon esempio a tutto il mondo. L’Italia, con la sua produzione di rinnovabili al 43,1% e col suo consumo di energia pulita a 14,8 Mtep (tonnellata equivalente di petrolio), si piazza a metà classifica, ma il recente record del nostro fotovoltaico che arriva a coprire l’8% dei consumi fa ben sperare. Svezia Nel 2015, la Svezia ha lanciato il suo guanto di sfida per un obiettivo ambizioso: eliminare del tutto l’uso di combustibili fossili entro i suoi confini facendo crescere gli investimenti su energia solare, eolica, stoccaggio d’energia, reti intelligenti, trasporti non inquinanti. Gli svedesi stanno sfidando tutti gli altri a unirsi a loro in una corsa per diventare i primi paesi rinnovabili al 100%. Costa Rica Grazie alla sua unica conformazione geografica, tra le montagne e il mare, e un’autentica vocazione alla salvaguardia dell’ambiente unita alla volontà politica, il piccolo ed esemplare stato del Costa Rica soddisfa una percentuale enorme del suo fabbisogno energetico utilizzando idroelettrico, geotermico, solare, eolico e altre fonti a basse emissioni di CO2. Nicaragua Per non essere da meno dei suoi vicini del Costa Rica, il Nicaragua ha fatto registrare il più veloce e sorprendente balzo verso le rinnovabili, che ora coprono il 55% di tutta la produzione di energia elettrica, nel mese di giugno 2015. Ora il Paese sta puntando ad arrivare al 90% di energia rinnovabile entro il 2020, con la maggior parte dell’energia che proverrà da fonti eoliche, solari e geotermiche.

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Germania La Germania ha spesso tracciato la strada, sul tema delle rinnovabili, fin dai tempi di una pionieristica politica per incoraggiare il fotovoltaico negli anni ‘80. I frutti ora li sta raccogliendo: è leader nella capacità di solare fotovoltaico e, tra i grandi Paesi industrializzati, è stata anche in grado di soddisfare la maggior percentuale di domanda di elettricità giornaliera da fonti rinnovabili, stabilendo uno straordinario 78%. Danimarca Record mondiale dell’eolico, record per l’ambiente e per l’industria. La Danimarca ha ottenuto stabilmente il 42% della sua elettricità dal vento nel 2015. Il Paese vuole essere al 100% senza combustibili fossili entro il 2050. Cina Ci si può giustamente chiedere come il più grande emettitore di CO2 del mondo può anche essere un leader nelle energie rinnovabili. Paradossalmente, nel 2014 la Cina è stata di gran lunga il Paese con la maggior nuova capacità installata di energia eolica, distanziando quasi del doppio gli Stati Uniti, e il secondo al mondo per capacità installata di solare fotovoltaico. Stati Uniti Negli Stati Uniti un nuovo impianto a energia solare viene installato ogni due minuti e 30 secondi, un ritmo che ha fatto guadagnare agli States il quinto posto nelle classifiche globali per potenza installata di solare fotovoltaico. L’America ha anche la seconda più alta capacità installata di energia eolica in tutto il mondo. Purtroppo, la domanda di energia negli Stati Uniti supera di gran lunga la capacità rinnovabile. Le fonti rinnovabili hanno rappresentato solo per circa il 13% della produzione di elettricità statunitense nel 2014. Kenya Il Paese sta puntando non solo sul suo sole africano, ma anche sul geotermico e sull’eolico per alimentare il suo futuro e ridurre la dipendenza dalle costose importazioni di energia elettrica. A partire dal 2015, il geotermico ha rappresentato il 51% del mix energetico del Kenya, un grosso balzo rispetto a solo il 13% del 2010.

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Le cause dei cambiamenti climatici L’uomo esercita un’influenza crescente sul clima e sulla variazione della temperatura terrestre in particolare attraverso attività quali essenzialmente: la combustione di combustibili fossili; la deforestazione; l’allevamento del bestiame. Queste attività aggiunge enormi quantità di gas serra a quelle naturalmente presenti nell’atmosfera, incrementando l’effetto serra naturale e determinando così il fenomeno del riscaldamento climatico globale. I gas serra sono chiamati così in quanto agiscono un po’ come il vetro di una serra, catturando il calore emesso dalla Terra dopo la ricezione dell’energia solare impedendogli di ritornare nello spazio (intrappolandolo quindi nell’atmosfera). Molti di questi gas sono presenti in natura, ma l’attività dell’uomo aumenta le concentrazioni di alcuni di essi nell’atmosfera, in particolare: l’anidride carbonica, il metano, il protossido di azoto, i gas fluorurati. Le rinnovabili Dal 1965 è in constante aumento l’utilizzo di energia rinnovabile: in particolare idroelettrica, solare ed eolica. Inoltre, dal 1975 investire in energia solare è sempre più conveniente: in quattro decenni il prezzo per installare un pannello fotovoltaico è diminuito dell’80%. In ogni caso si tratta una crescita non ancora sufficiente a compensare l’aumento constante nel consumo di energia fossile. Per quanto riguarda il consumo di energia dei maggiori produttori di CO2, nel periodo 2012-2017: la Cina potrebbe aver già raggiunto il picco nelle emissioni di carbone. Viceversa, aumentano quelle in tutti gli altri settori: +4,2% petrolio, +8,4% gas, +19,6% nucleare, +6,4% idroelettrica, +24,7% altre energie rinnovabili; negli Usa il consumo di carbone è fortemente diminuito.

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L’“ecoterrorismo” di Extinction Rebellion Fin troppo spesso da nobili e giuste cause si scade in una deriva al limite della legalità. È il caso di Extinction Rebellion che in queste ultime settimane sta occupando e bloccando molte città d’Europa per sensibilzzare alla causa climatica. Extinction Rebellion è un movimento socio-politico non violento per evitare i cambiamenti climatici, fermare la perdita di biodiversità e minimizzare il rischio di estinzione umana e il collasso ecologico. Fondata nel Regno Unito nel maggio 2018 da circa un centinaio di accademici, l’associazione sta facendo parlare di sé soprattutto a Londra, Bruxelles, Praga, Parigi e Berlino. Senza veri leader, gli agitatori verdi di Extinction Rebellion, di stampo “anarchico intellettuale”, spingono per una disobbedienza civile senza apportare vere e proprie proposte per rallentare il cambiamento climatico (in un accampamento in mezzo alla piazza Chatelet a Parigi fanno meditazione). Come succede molto spesso, poi, gli ideatori vengono sostenuti e affiancati da persone con altri ideali, a volte ancor più radicali. Ne è l’esempio Parigi, dove ad una “azione” non violenta di bloccaggio di un centro commerciale, si sono uniti dei gilet gialli, degradando alcune insegne all’interno del complesso Italie2. Per adesso i media hanno dato poca rilevanza alle azioni di disobbedienza anticapitalista degli attivisti. La polizia lascia fare, i politici non si schierano e sempre più curiosi si domandano perché delle tende da campeggio siano installate nelle piazze delle principali capitali europee.

Le città più sostenibili green del mondo A Lahti, da sempre importante nodo ferroviario, viaggia spedito il convoglio della sostenibilità ambientale. La città finlandese di 102 mila abitanti è infatti la vincitrice del premio per la Capitale verde europea (European Green City Awards) della Commissione europea per il 2021. Più volte finalista, al terzo tentativo ce l’ha fatta. Ambizioso l’obiettivo di ridurre le emissioni totali basate sulla produzione nella regione dell’80% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2025. A Lahti il 99% della popolazione vive entro 300 metri di aree urbane verdi e la città permette ai suoi abitanti di godere della natura in molti modi diversi, offrendo attività ricreative come lo sci, la pesca e la raccolta di funghi e frutti di bosco. Premiate anche la città belga Mechelen e l’irlandese Limerick: è a queste due cittadine che è andato il titolo di European Green Leaf 2020 per le città più piccole. Altra classifica tutta sostenibile è quella stilata dalla DualCitizenLLC, una società di consulenza americana specializzata in questioni di sostenibilità ambientale, che si occupa di redigere il report “Global Green Economy Index”. In cima alla classifica delle città più green del mondo troviamo Copenhagen. La Capitale danese è un modello indiscusso per la green economy: qui il sistema di trasporto pubblico è ben sviluppato, circolano infatti poche automobile e ogni giorno vengono percorsi in bici più di 1 milione di km. E’ l’esempio perfetto anche per l’edilizia sostenibile, come conferma il complesso di Orestad City, limitrofo alla Capitale, costruito in meno di 10 anni. Stoccolma arriva seconda tra le città più green, ma parimerito con la Svezia, essendo già stata nel 2010 capitale green europea. La città offre tantissime eco-escursioni, attività legate all’ambiente, mercatini bio e boutiques di moda ecologica. Affascinante è il primo parco cittadino nazionale del mondo, Ecoparken: si tratta di un’area verde ininterrotta che si estende dalle piccole isole Fjäderholmarna fino in centro, a Djurgården, e a zone poco a nord della città. Si classifica al 3 posto la città di Vancouver con un progetto pluriennale che ha l’obiettivo di diventare città verde per eccellenza entro il 2020. I presupposti ci sono tutti: bio-edilizia all’avanguardia, un ottimo trasporto pubblico urbano, riduzione dei rifiuti destinati a discarica, acqua e aria pulite e cibo locale a km 0. Uno dei posti più interessanti da questo punto di vista è lo Stanley Park, uno dei parchi urbani più belli e grandi del mondo, dove la distesa dei grattacieli sembra improvvisamente arrestarsi. Nei primi posti della classifica abbiamo anche Oslo, Singapore e New York.

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Il tavolo dei relatori

Una giornata di formazione e informazione sulle nuove norme che regolano il settore vino Centocanti: “Norme e mercato del vino sono in continua evoluzione, formazione e informazione sono oggi elementi imprescindibili per leggere bene le esigenze del mercato” Mazzoni: “Le denominazioni sono un patrimonio collettivo, l’errore del singolo si ripercuote sull’intero territorio. Le norme non debbono esser lette come elementi ostativi, ma come tutela delle aziende e dei prodotti da esse prodotti”

Alberto Mazzoni direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini

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Come e quanto velocemente cambiano le normative che disciplinano il settore del vino? Come queste impattano sulla vita quotidiana delle imprese del settore? Quali e quante istituzioni a livello nazionale ed europeo influiscono sull’agire quotidiano dei produttori? Sono queste le domande che l’IMT Istituto Marchigiano di Tutela Vini si è posto e cui ha voluto dare risposta con il convegno “Registri telematici, rintracciabilità in cantina e etichettatura vini” che si è tenuto presso la sala convegni Centro Zipa a Jesi. Presenti, al tavolo dei relatori il Presidente di IMT Antonio Centocanti, Giuseppina Amodio Direttore Tecnico Valoritalia, Giuliano D’Ignazi Presidente Assoenologi Marche, Silvio Salvi Responsabile dell’Ufficio d’area ICQRF di Ancona e Alberto Mazzoni Direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini. “Quella di questa mattina è una giornata di formazione e aggiornamento positiva e propositiva – ha dichiarato il Presidente di IMT Antonio Centocanti – fondamentale se si vogliono far proprie tutte quelle informazioni utili per trovare il giusto equilibrio fra domanda e offerta atte al giusto posizionamento dei nostri vini nel mercato globale”.

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“Le nostre denominazioni sono un grande patrimonio collettivo – ha sottolineato Alberto Mazzoni Direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – e la tutela e il rispetto delle normative sono elementi sostanziali se vogliamo fare in modo che l’errore del singolo non interferisca nel business di tutti coloro che lavorano correttamente sul territorio. Abbiamo voluto organizzare questo incontro poiché siamo sempre attenti alle necessità dei nostri associati e all’evoluzione delle normative sia nazionali che comunitarie che, quasi quotidianamente, entrando in vigore, aggiornano e profilano la vita delle aziende. Sono regole che non debbono esser lette come vessatorie o ostative, ma come strumenti essenziali alla tutela dei nostri vini e delle peculiarità che questi rappresentano. Troppo spesso leggiamo di imitazioni e contraffazioni che, in un mercato globale, altro non fanno che distruggere l’immagine di tutti quelli che nel rispetto delle regole lavorano proponendo dalle nostre terre prodotti unici e straordinari. Oggi abbiamo trattato 3 temi di vivissima attualità: registri telematici, rintracciabilità in cantina e etichettatura dei vini. Sono questioni che influiscono su tutta la filiera di produzione dalla vigna alla commercializzazione dei prodotti. Informare al fine di prevenire sanzioni è l’obiettivo principe della giornata e dell’Istituto. D’altronde, oggi, non è più sufficiente sentire come si comportano “gli altri”, il produttore deve essere parte at-

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tiva non sono nelle operazioni manuali, ma anche nell’approfondita conoscenza delle regole che guidano le nostre azioni. Il mondo del vino cambia in maniera estremamente veloce, i gusti dei consumatori si evolvono in maniera repentina e noi dobbiamo pensare sempre a nuove strategie di mercato e, contemporaneamente, modificare i nostri disciplinari, renderli attuali con un occhio volto al futuro: nuovi contenitori, sistemi di chiusa, vitigni resistenti, parametri e caratteristiche chimico fisiche e tanto altro ancora”. La mattinata dei lavori ha visto relazionare l’enologo Giuliano D’Ignazi neo Presidente Assoenologi Marche che ha illustrato il lavoro svolto dai tanti colleghi che sul territorio regionale, di concerto con le aziende, hanno contribuito in quest’ultimo ventennio alla crescita qualitativa dei vini marchigiani. La dott.ssa Giuseppina Amodio Direttore Tecnico di Valoritalia S.r.l., e responsabile delle sedi marchigiane, ha spiegato il ruolo dell’ente terzo di certificatore e l’attività che svolge a carattere nazionale e le nuove modalità operative introdotte con la legge 238/2016. Il dott. Silvio Salvi nominato dal 1° luglio 2019 Responsabile dell’Ufficio d’Area ICQRF di Ancona ha, invece, sviluppato un interessante focus sulle problematiche riscontrante nell’utilizzo dei registri telematici, la rintracciabilità in cantina e le anomalie sull’etichettatura. Gabriele Costantini

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I cambiamenti climatici modificheranno la nostra tavola La siccità è il nemico n.1 del tartufo ambasciatore d’eccellenza delle marche nel mondo Giulio Lonzi Responsabile eventi Slow Food Marche

I cambiamenti climatici stanno mettendo a repentaglio la biodiversità italiana, sopratutto quella legata alla produzione di tante eccellenze enogastronomiche come ad esempio il tartufo. A causa della diminuzioni di precipitazioni e ad altri fattori climalteranti è drasticamente crollata la produzione del Fungo Ipogeo più amato al mondo. L’annata che si prevedeva eccezionale per quantità e per qualità, segna invece un inversione di rotta a causa della forte siccità che sta colpendo tutta la regione. L’innalzamento delle temperature nelle ultime settimane e la mancanza di precipitazioni stanno letteralmente prosciugando il sottosuolo delle nostre colline. Scavando anche 10, 15 cm il sottosuolo si presenta completamente asciutto raccontano i cavatori e questo, sta causando non solo scompensi ad agricoltori ma anche problemi all’habitat naturale di migliaia di forme vitali, come ad esempio quello dei funghi ipogei simbionti (che crescono sottoterra) e che più di altri frutti soffre maggiormente l’aridità. La richiesta di Tartufo è in esponenziale aumento, quotidianamente arrivano domande da ogni parte del globo. I mercati delle nuove potenze economiche come Cina, Brasile e India sono interessati a poter importare questa inebriate essenza per i loro clienti più abbienti. Ogni anno però la produzione nella nostra Nazione scende vertiginosamente, le cause sono differenti ma tutte legate all’impoverimento del sottosuolo . Meno del 50% delle precipitazioni rispetto ad ottobre 2018 si sono registrate quest’anno nella nostra provincia, l’allarme appare particolarmente grave per il nostro Paese. Analizzando i dati delle tempera-

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ture la nostra provincia così come la nostra regione e la nostra nazione, si sta scaldando più velocemente della media globale e di altre terre emerse del pianeta. Inoltre altri fattori impattanti negativamente sono la lavorazione intensiva della terra nei campi agricoli e il continuo disboscamento della nostra aree boschive. “Fino a pochi decenni di anni fa, ci raccontano i nostri nonni il tartufo si andava a cercare intorno alle querce nei campi, nei fossati che spartivano le proprietà, dove quando pioveva s’incanalavano le acque che scendevano giù, non c’ era bisogno di addentrarsi nel bosco fitto tra rovi e arbusti di ogni genere”. Oggi per rimuovere il legname tagliato sulle colline vengono utilizzati grandi trattori, i quali oltre ad inquinare l’area con i loro gas di scarico, solcano il terreno disegnando vere e proprie strade a causa del loro peso eccessivo, distruggendo qualsiasi forma di vita esistente nel sottosuolo. L’accanimento vergognoso che stanno vivendo ogni giorno le nostre colline a causa dello smoderato e barbaro rilascio di autorizzazioni per il taglio boschivo intensivo per l’alimentazione delle centrali a biomasse è un ulteriore causa di depauperamento del ecosistema. Bisogna agire in fretta prima che i danni diventino irreversibili, e ancor più, prima che altri paesi europei diventino primatisti nella produzione e commercializzazione del pregiato fungo, togliendo economia a quelle famiglie residenti nelle aree interne che, di quella antica tradizione, ne fanno l’unica fonte di sussistenza. Giulio Lonzi Wine & Food

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